Il sistema zonale, parte 3° - Test per il digitale.


Il fatto che la tecnologia digitale consenta di scattare tante foto senza preoccuparsi dei costi e di avere ampi margini d'intervento per correggere eventuali errori di esposizione, non deve indurre il fotografo a sottovalutare l’importanza di mantenere il controllo sul risultato finale.
Per riuscire in questo deve: analizzare attentamente le caratteristiche della scena da riprendere, decidere in quale forma dovrà essere rappresentata nella foto che si accinge a scattare, e fare delle scelte coerenti sui parametri di regolazione della fotocamera.
Ansel Adams, in una delle sue frasi celebri sulla fotografia, sosteneva:
"Non devi scattare una fotografia, tu devi crearla." 

Nel post precedente (clicca qui per vederlo) si afferma che i concetti espressi da Ansel Adams attraverso il suo “Sistema Zonale”, possono considerarsi un valido aiuto anche per il digitale, pur tenendo conto della differente risposta alla luce dei moderni sensori rispetto alla pellicola, aspetto che induce a ribaltare alcune delle indicazioni sull'esposizione che sono ritenute valide per l’analogico. Abbiamo anche visto che la risposta dei sensori è di tipo lineare, ma è stato anche evidenziato come questo non corrisponda alla visione umana.

Su quest'ultimo aspetto è necessario aggiungere che, proprio per adeguare il segnale digitale alle caratteristiche di percezione del nostro apparato visivo, nel momento in cui i dati grezzi catturati dal sensore vengono trasformati in un file immagine visualizzabile su monitor e stampabile, viene applicata una "correzione di gamma” che agisce modificando la linearità della curva di risposta del sensore.

Riprendiamo il ragionamento sul sistema zonale applicato al digitale: 

il "regolo zonale" che spesso troviamo su articoli presenti in rete, che mostra per ogni raddoppio dell’esposizione un incremento lineare dalla luminosità sulla scala da 0 a 255, è solo una rappresentazione di tipo teorico utile per comprendere la risposta di un sensore digitale, mentre a noi serve avere una scala a zone che ci aiuti concretamente a previsualizzare quali variazioni di densità si determineranno sulla nostra foto al variare dell'esposizione.

Questo è possibile solo se verifichiamo praticamente come risponde la nostra macchina fotografica alle differenti condizioni di luce: si tratta quindi di fare alcuni test, sia per avere una conferma della gamma dinamica sulla quale poter contare, sia per comprendere quali correzioni è consigliabile apportare a seconda delle condizioni di contrasto della scena ripresa.

Un primo test prevede di fotografare una qualsiasi superfice di colore uniforme (meglio se grigia dato che stiamo ragionando sul bianconero), correttamente illuminata. Si scattano tante foto quante bastano per coprire il range compreso tra + o – 5 stop, quasi certamente sufficiente a interessare l’intera gamma dinamica della nostra fotocamera.
Per le prove fatte sulla mia Canon 60D, ho utilizzato un cartello nel quale metà area era di un grigio medio sufficientemente uniforme (per valutare la densità di grigio) e l'altra metà riproduceva l'immagine di una lastra di travertino (per valutare la scomparsa dei dettagli), ma alcuni  consigliano, molto più semplicemente, di fotografare una parete in cemento, che presentando una sua rugosità sembra adattarsi perfettamente allo scopo.

Regoliamo la fotocamera per l'esposizione in "Manuale" e scattiamo le foto con intervalli che possono essere di uno stop (come da sistema zonale classico), mezzo stop o anche di 1/3, se preferiamo avere una serie di dati che possano fornire maggiori informazioni.
Aprendo le immagini con CameraRaw ci accorgeremo che l’istogramma è rappresentato da una singola colonna alta e stretta, aspetto che ci consentirà di misurare con una sufficiente approssimazione il livello del grigio risultante per ciascuna esposizione. 

Ma procediamo con ordine:

- andiamo sul pannello a destra ed entriamo su “HSL/Scala di grigio”, selezioniamo “Converti in scala di grigio” e poi clicchiamo su “Predefinito” (tutti i cursori colore si posizioneranno su “0”) , questo evita qualsiasi interferenza dovuta a residui di colore.


spostiamoci su “Curve”  e scegliamo l’opzione per “Punti” “Lineare”, quindi portiamo la punta del mouse sul livello massimo della colonna presente nell’istogramma (vedi freccia rossa immagine in basso), leggiamo il valore riportato nella casella “Imput” e prendiamone nota.


Nel caso specifico vediamo che il valore riportato è 112, visto che si tratta dello scatto fatto con l’esposizione indicata dall’esposimetro, ci saremmo aspettati che il valore sull’istogramma fosse 128. Questo ci dice subito che tra il regolo zonale teorico e quanto viene effettivamente reso dalla fotocamera esistono delle differenze importanti.

Una volta che avremo raccolto tutti i valori relativi ai singoli scatti saremo in grado di costruire il nostro personale  regolo zonale (o meglio: della nostra fotocamera), che ci consentirà di sapere con buona approssimazione, come influiscono le variazioni di esposizione sulla densità delle zone che compongono la foto che ci accingiamo a scattare.

Nella tabella che segue potete vedere i risultati che ho ottenuto con il test sulla mia Canon 60D:


Le prime colonne riportano i dati ripresi dal regolo zonale digitale con risposta lineare, seguono i dati rilevati sulla Canon 60D: prima senza correzioni (verde) e poi selezionando l'opzione Highlight Tone Priority - Priorità tonalità chiare (azzurro) ; segue la colonna con le variazioni di esposizione applicate, e per finire la relativa visibilità dei dettagli. In basso potete vedere il grafico delle curve:


Questo comportamento trova una conferma anche nei grafici per la Canon 60D pubblicati sul sito DPreview , e con le dovute differenze risulta simile a quello di altri modelli di reflex APS-C.

Si può notare in particolare come il valore massimo di 255 si trovi a +3,25 stop dall'esposizione di partenza (zona V), e anche attivando l'HTP salga solo a +3,5 stop. Nonostante questo incremento sia modesto, nelle situazioni ad alto contrasto può dare un parziale aiuto per evitare di bruciare le alte luci (es.: parti più luminose del bianco delle nuvole in una scena in pieno sole nella quale esistono zone con ombre profonde).

Ed ecco il regolo zonale da utilizzare come riferimento per l'applicazione del sistema zonale per la mia Canon 60D:


Ho potuto rilevare inoltre che CameraRaw consente un parziale recupero di dettagli nelle zone I e IX, segno che è possibile contare su un ulteriore margine, che valuterei al massimo introno al 1/2 stop, ad evitare interventi eccessivamente forzati che possono presentare risvolti negativi sulla qualità dell'immagine. 
Attenzione però che questo margine non può essere utilizzato in qualsiasi situazione, in quanto sulla Canon la gestione delle luci nelle scene ad alto contrasto appare particolarmente critica, e anche piccoli incrementi di esposizione rispetto a quella di fabbrica portano facilmente a non poter recuperare le alte luci.

Questo aspetto mi ha indotto a fare una seconda serie di test, questa volta basati su situazioni di ripresa tipiche, scattando una serie di foto con esposizioni tra + o - 2 stop, e passo pari a 1/3 di stop, così da poter valutare il comportamento delle fotocamera al variare del contrasto:

1) In una scena ad alto contrasto, pur esposta secondo le indicazioni della fotocamera, si nota una sovraesposizione che interessa buona parte del cielo, chiaramente evidenziata dalla colorazione rossa presente sull'anteprima di CameraRaw:


Il relativo istogramma, caratteristico delle foto ad alto contrasto, presenta due picchi su ombre e alte luci, con un evidente taglio su queste ultime:


La condizione ottimale si ottiene agendo sul comando "Esposizione" portando il cursore tra -0,35 e -0,5  stop. Come si può vedere nell'immagine in basso, dopo la correzione è chiaramente visibile il picco delle alte luci all'interno dei valori dell'istogramma: 


Naturalmente la sottoesposizione applicata può comportare la necessità di piccoli aggiustamenti per schiarire le ombre, attuabili principalmente attraverso: la diminuzione del valore dei "Neri" (nel nostro caso da 5 a 2), e se necessario, utilizzando la funzione "Luce di schiarita" che agisce solo sui toni intermedi e le ombre, senza modificare le luci:



In tutte le prove fatte su scene ad alto contrasto si evidenzia come la Canon 60D tenda a bruciare le alte luci, sopratutto se si utilizza l'esposizione di tipo "Valutativo", la situazione migliora leggermente se si usa la "Media pesata al centro".

Per quanto riguarda poi la funzione HTP di Canon (Highlight Tone Priority - Priorità tonalità chiare) che obbliga ad utilizzare una sensibilità minima di 200ISO, il suo intervento non è particolarmente efficace, tanto che può essere rimpiazzato da una minore esposizione (da -0,5 a -0,65 stop) mantenendo i 100ISO di sensibilità e dando maggiore luminosità a toni medi e ombre in post-produzione, per compensare l'effetto della sottoesposizione.


2) Se invece consideriamo una scena ben contrastata, ma che presenta una prevalenza di toni intermedi:


notiamo subito che questa volta la tendenza si sposta verso una leggera sottoesposizione, come si evidenzia dal suo istogramma:


Portando il cursore della "Esposizione" a +0,5 stop si ottiene un miglioramento generale:




3)  Se poi fotografiamo una scena a basso contrasto:


la tendenza alla sottoesposizione sarà maggiore, come visibile dal relativo istogramma:


Tanto che sarà necessaria una correzione della "Esposizione" leggermente superiore a uno stop:



I risultati di queste prove, oltre a consentirmi di comprendere come reagisce la fotocamera, confermano la validità della regola esposta nel post precedente, e per la quale si afferma che per una corretta esposizione nel digitale è necessario partire dalla luminosità delle zone in luce; dalla misurazione effettuata sulle luci si potrà poi risalire a quale debba essere il valore medio di esposizione da utilizzare.

Per una buona parte dei casi si può procedere così: con l'esposimetro in lettura "Spot" andiamo a individuare la zona in luce che secondo noi deve mantenere un ottimo dettaglio (se consideriamo una scena tipo, dovrebbe cadere in zona VII), dato che l'esposimetro ci da sempre una lettura corrispondente a zona V, dovremo quindi applicare una sovraesposizione di 2 stop
Se invece vogliamo evitare qualsiasi rischio di bruciare le luci in una scena ad alto contrasto, effettuiamo una lettura sulle aree più luminose della scena (dovrebbero cadere in zona VIII), e dato che l'esposimetro ci darà la lettura per la zona V, dovremo applicare una sovraesposizione di 3 stop.

Naturalmente questi semplici esempi si riferiscono a condizioni nelle quali vogliamo un'esposizione equilibrata tra tutte le aree presenti nelle scena, ma la nostra creatività ci porterà a cercare soluzioni diverse per ottenere delle immagini di maggior impatto emotivo: il regolo zonale ricavato specificatamente per la nostra fotocamera, ci darà una mano per prevedere quali tonalità avranno le varie aree della scena in funzione delle modifiche che decideremo di voler applicare all'esposizione.


Consideazioni finali: 

- per l'applicazione del sistema zonale, nel digitale come per l'analogico, non possiamo semplicemente utilizzare tabelle o indicazioni di massima, ma è indispensabile aver fatto una serie di prove pratiche ed essersi costruiti degli schemi di riferimento tarati sulla propria attrezzatura.

- le prove che ho fatto, non possono avere in alcun modo la stessa validità dei test eseguiti da società che operano nel campo specifico, ma nonostante la loro artigianalità le differenze riscontrate sono minimali, e mi hanno consentito di verificare il funzionamento della fotocamera e fornito elementi utili per utilizzarla al meglio.

- il campo d'applicazione del sistema zonale è naturalmente quello della fotografia statica, e peraltro le nostre reflex svolgono un lavoro eccellente nella maggior parte delle altre casistiche, ma indipendentemente dal genere di foto che prediligiamo, Ansel Adams ci ha portato a ragionare su come sia possibile dare voce alla creatività, aiutandoci a non delegare il nostro ruolo di fotografi agli automatismi delle fotocamere.