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Ansel Easton Adams - 1950 |
Proseguendo con la serie di post dedicati al bianconero, ho deciso di
dedicare alcune puntate al “Sistema Zonale” di Ansel Adams; nessuna pretesa da parte mia di fare un trattato sulla materia, ma solo l'intento di esporre gli
elementi di base per coloro i quali ne hanno sentito parlare, ma non hanno mai avuto l’opportunità di leggere qualcosa in merito a questo metodo.
Portato a conoscenza del grande pubblico nel lontano
1948, attraverso la pubblicazione del suo secondo libro intitolato: “The
negative”, il sistema zonale è stato elaborato espressamente per la stampa in
bianconero delle pellicole negative
piane (oggetto di questa prima parte), ma rappresenta un valido strumento dal punto di vista didattico indipendentemente dall'utilizzo dell'analogico o del digitale.
I nostri occhi hanno la capacità di adattarsi alle
differenti condizioni di luce, e consentono di cogliere toni e particolari in
zone che presentano grandi differenze di luminosità: circa 20 EV (1:1000000),
mentre la gamma registrabile da parte di una pellicola negativa a colori o
bianconero è decisamente più bassa: può arrivare a 10 - 12EV (1:1000 – 1:4000),
e si contrae ulteriormente quando l’immagine viene trasferita su carta: nella
migliore delle ipotesi 8EV (1:250).
Il metodo elaborato a suo tempo da Ansel Adams, bilanciando esposizione e sviluppo della pellicola, si propone di riuscire
a trasferire sulla stampa finale, la massima quantità di toni e dettagli presenti
nella scena ripresa.

Il sistema zonale divide la scala tonale presente in
una stampa in 11 zone distinte, da O a X, vediamo come: