Il sistema zonale di Ansel Adams, parte 2° - Il digitale.


Con il sistema zonale, Ansel Adams ha fornito al fotografo le indicazioni utili per consentirgli di prevedere la relazione che intercorre tra la luminosità delle diverse zone di una scena da riprendere, e la relativa tonalità che sarà riprodotta nella stampa finale (vedi 1° parte sul sistema zonale).
Il sistema è stato studiato per essere applicato alle fotografie in bianconero, realizzate attraverso l’uso di pellicole negative piane di grande formato, e questo può indurre a pensare che non possa essere utile anche a coloro che utilizzano il digitale.
Ma se riflettiamo bene, più che uno schema da applicare rigidamente, Adams ci ha consegnato una serie di nozioni necessarie per riuscire ad avere il controllo del processo, dallo scatto all’immagine finale, entro i limiti del mezzo fotografico utilizzato.

Pertanto, si può ragionevolmente pensare di applicare gli stessi concetti anche al nuovo mezzo, pur con la consapevolezza delle profonde differenze che esistono con l’analogico. Vediamo di seguito gli aspetti salienti dei quali si deve tenere conto per trasporre il sistema sul digitale:

1) In una fotocamera digitale il singolo recettore presente nel sensore produce una carica che è direttamente proporzionale alla luce che lo colpisce: il valore più basso, prodotto nel caso di mancata esposizione, corrisponde al rumore di fondo (sempre di valore superiore allo zero); man mano che la luce aumenta, la carica del recettore cresce linearmente sino a raggiungere il suo valore massimo di saturazione, oltre il quale ulteriori incrementi di luminosità non potranno essere più recepiti, con la conseguente perdita degli eventuali dettagli presenti in quelle zone (clipping).

Questo comportamento si differenzia nettamente da quello della pellicola che presenta una curva lineare solo per i valori medi, mentre sia per i livelli  di luminosità bassi o elevati, attenua progressivamente la sua risposta, senza presentare i tagli netti caratteristici del sensore digitale (vedi immagine al lato).

Per quanto riguarda le aree meno esposte, il sensore riesce a registrare delle informazioni anche all’estremo della gamma, ma nel prendere in considerazione la possibilità concreta di utilizzare questi dati, dobbiamo tenere conto della risposta del sensore. Prendiamo come esempio un’immagine Raw a 12bit che presenti una dinamica di 6 stop, sarà codificata con un numero di valori pari a due alla dodicesima, ovvero 4096 differenti livelli, una risposta di tipo lineare implica che il livello 2048 avrà ricevuto una luce uguale alla metà di quella del 4096, questo comporta che all’interno del 1° dei 6 stop disponibili, sono presenti ben 2048 livelli, mentre l’altra metà va suddivisa tra i 5 stop restanti: il secondo stop avrà 1024 livelli, il terzo 512, il quarto 256, il quinto 128, il sesto solo 64 livelli.


Per adattare l'immagine al nostro sistema visivo (che non è lineare) viene applicata una curva di correzione della gamma, che contrae le aree in luce ed espande quelle in ombra, ma appare evidente che pur dando maggiore spazio alle zone meno esposte, queste conterranno comunque un basso numero di livelli e quindi di informazioni disponibili.
Se poi pensiamo a una scena ad alto contrasto e nella quale la dinamica può estendersi facilmente a 9 stop, scopriamo che i livelli a disposizione dell'ultimo stop sono solo 8, assolutamente insufficienti per dare un reale contributo alla qualità dell'immagine.
A quanto esposto si deve aggiungere poi, che tanto più è basso il livello di carica recepita dai recettori, tanto più il segnale da decodificare sarà influenzato negativamente dal rumore di fondo.

Dalle considerazioni esposte si deduce che per sfruttare al meglio le caratteristiche dei sensori è necessario spostare l'esposizione verso le zone a maggiore luminosità,  e contrariamente a quanto consigliato per l’analogico nel digitale è necessario:
esporre per le luci e  “sviluppare” per le ombre
Oggi la maggior parte delle reflex gestisce le immagini Raw a 14bit, che allarga la codifica a 16384 livelli (due alla 14°), ma il netto miglioramento che pure ne consegue non toglie validità al ragionamento fatto e alle indicazioni date.

2) La divisione in 10 zone del sistema di Ansel Adams, deve trovare un anello di congiunzione all'interno del sistema digitale: lo strumento più idoneo è l’istogramma, universalmente adottato da fotocamere e software, viene utilizzato per valutare se e con quale ampiezza i valori di luminosità catturati ricadono all’interno della gamma riproducibile.
Trattandosi di una semplice rappresentazione grafica, per semplicità vengono usati i valori tipici di una immagine a 8bit, e quindi con un range di luminosità che sull’asse delle ascisse varia da 0 (nero assoluto) a 255 (bianco assoluto), mentre sull’asse delle ordinate viene riportata la quantità di pixel che hanno lo stesso valore di luminosità.

Nei vari articoli presenti su internet, si trova una tavola denominata "regolo zonale", che dividendo linearmente il range dei 256 livelli dell’istogramma in 10 zone, viene utilizzato come strumento di riferimento per l’applicazione del sistema zonale nel digitale, in analogia alla tabella di descrizione delle zone che abbiamo visto per l'analogico:


Ritornando alla necessità nel digitale di esporre per le luci, spesso avrete sentito utilizzare anche la frase: “esporre a destra”, che deriva dal fatto che nell'istogramma i valori delle luci si trovano in corrispondenza della parte destra, un'indicazione che va sempre completata con la raccomandazione imprescindibile di fare si che le aree più luminose non oltrepassino mai il valore di 255, soglia oltre la quale non sarà più possibile recuperare alcun dettaglio, dato che i recettori si troveranno oltre il valore massimo di saturazione.

3)  Il termine “sviluppo” viene usato anche nel digitale, solo che al posto dei parametri di utilizzo dei composti chimici, fa riferimento alla trasformazione ed elaborazione dei dati grezzi del file Raw attraverso gli opportuni software.
Lo strumento al quale farò riferimento è CameraRaw, plugin incorporato all’interno di Photoshop, certamente uno dei più utilizzati per la gestione dei file raw.
Come abbiamo visto nella prima parte, utilizzando le pellicole è possibile modificare la scala tonale agendo sul tempo di sviluppo, nel digitale si ha il vantaggio di poter modificare l'immagine agendo separatamente e in modo progressivo su ombre, toni intermedi e luci, con maggiori possibilità di ottenere il risultato voluto, oltre a poter testare l'effetto di regolazioni differenti prima di salvare la versione definitiva della foto.
A questo va aggiunto che si lavora sulla singola foto, cosa non possibile per chi, diversamente da A.Adams, utilizza le pellicole negativa da 24/36 pose e spesso si trova ad avere differenti situazioni di ripresa all'interno dello stesso rullino.

I controlli di base su CameraRaw (al momento di pubblicazione del post avevo una versioni uscita nel 2011) per la gestione della gamma tonale sono:

- Esposizione: amplia/contrae la gamma tonale e ridistribuisce i valori nell'istogramma senza spostare il valore estremo dei neri. La graduazione dell'intervento è espressa in incrementi di stop: ad esempio una regolazione di +1 corrisponde ad aprire il diaframma di un valore; allo stesso modo, una regolazione di -1 corrisponde a ridurre l’apertura di un diaframma.

- Neri: modifica il "punto di nero" - amplia le aree che saranno mappate nelle zone più scure, producendo un effetto più evidente sulle ombre, mentre mezzitoni e luci restano quasi inalterati.

Per maggior chiarezza, vediamo nell'esempio che segue come agiscono questi due controlli su di una foto esposta correttamente, ma che presenta una gamma ridotta per le particolari condizioni di luce:


Questo è l'istogramma relativo:


Utilizzando le regolazioni relative alla "Esposizione" (+1,15stop) e ai "Neri" (+50), la gamma è stata estesa sino a coprire l'intero istogramma.


Con questo risultato:


Attraverso questi due comandi siamo in grado di riprodurre effetti analoghi a quelli ottenuti da Adams con l'aumento e la diminuzione dei tempi di sviluppo della pellicola, ma su CameraRaw troviamo altre due regolazioni che consentono un ulteriore miglioramento su aree specifiche:

- Recupero: contrae la gamma delle sole luci, recuperando eventuali sovraesposizioni segnalate come clipping, ma che contengono ancora dei dati su alcune componenti di colore, o che sono andate i leggero clipping per un eccesso di regolazione del punto di bianco.

- Luce di schiarita: contrae progressivamente la gamma dei toni neri e intermedi, schiarendo le ombre senza toccare le alte luci. 

Sulle versioni successive di Camera Raw sono stati modificati i comandi che possono aiutare ad estendere la gamma tonale: Esposizione, Bianchi, Neri, Luci e Ombre. Personalmente li preferisco, trovo infatti che sia più facile prevedere il risultato che si può ottenere, ma chi fosse abituato a utilizzare le regolazioni precedenti le può ripristinare andando nel menù "Calibrazione" e nella opzione "Elaborazione" scegliere "Versione 2 (2010).

Può verificarsi che alcune delle regolazioni possano portare un leggero indebolimento del contrasto, in questi casi si può agire sul comando di Chiarezza, che è in grado di esaltare il contrasto locale con maggiore effetto sui mezzitoni.

Ricordo in fine che sia sulle macchine fotografiche, sia sui software di elaborazione è possibile, oltre che assolutamente consigliabile, attivare i controlli che ci avvisano quando si verifica che alcune aree si siano posizionate fuori dal range dell'istogramma.
Ad esempio, per Photoshop e CameraRaw, le aree interessate assumono la colorazione blu (livello 0) o rossa (livello 255), consentendo di percepire con immediatezza il sorgere del problema e aiutando a non superare i limiti previsti durante le fasi di post-elaborazione.
Sulla mia Canon, se si attiva l'opzione "avviso sovraesposizione", nella visualizzazione delle foto si vedranno lampeggiare le aree che dovessero andare oltre il valore massimo di esposizione.

Nel prossimo post, alcuni approfondimenti sullo stesso tema.

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