Buon 2016.

AUGURI per il Nuovo Anno, accompagnato da un sentito grazie a tutti i lettori del blog. 


Le interviste: Marty, Marta Floris - Il Baule del Gatto.


Per questa intervista sono andato a Gonnosfanadiga, un paese della provincia del Medio Campidano alle pendici orientali del monte Linas. Gonnosfanadiga e anche conosciuta come “La città dell’olio d’oliva”, perché nel suo territorio si produce e vende uno dei migliori olii prodotti in Sardegna. 
Mi trovo nella casa di Marta Floris, un’antica casa campidanese con un grande portale in legno e un ampio cortile, nella quale abita da poco tempo e che sta pazientemente ristrutturando. Ci siamo accomodati all’interno di un loggiato che si apre su dei locali originariamente utilizzati come magazzini e che oggi funge da laboratorio del “Il Baule del Gatto”:

D: Ciao Marty, ricordo che diversi anni fa, quando per la prima volta mi parlarono di una ragazza che creava oggetti che si discostavano nettamente da quanto si vedeva normalmente circolare nei mercatini, fui colpito dall’originalità del nome che aveva dato al suo laboratorio: “Il Baule del Gatto”, mi racconti come e perché hai scelto questo nome?

R: Quando si è trattato di realizzare il sito per esporre i miei lavori volevo assolutamente trovare un nome originale. Sono una persona alla quale piacciono le cose particolari: sono appassionata di oggetti antichi come quelli che si possono trovare nelle scatole o nei bauli delle vecchie soffitte; dato poi che, come è risaputo, mi piacciono tantissimo i gatti - amo il mio gatto da morire – mi è venuta in mente l’immagine di un gatto sopra un baule in soffitta, è nato così il nome “Il Baule del Gatto”. E’ un nome simpatico, che tra l'altro richiama la sorpresa di chi apre un vecchio baule polveroso scoprendo che al suo interno si trovano tante cose diverse, come le mie creazioni che spaziano in tanti campi differenti; un nome che sin dal primo momento è stato gradito molto anche dalle persone che si avvicinavano incuriosite al mio banchetto.



D: Dopo aver preso il diploma nel Liceo Artistico di Cagliari, la tua passione per l’arte ti ha portata ad allargare i tuoi orizzonti andando oltre il disegno e la pittura, e ti sei dedicata alla creazione di bijoux, gioielli in argento e pietre preziose, borsine, pochette, portamonete, scatole in legno e vetro dipinte a mano, capi d’abbigliamento decorati con i tuoi disegni, quale di queste attività ami di più e ti da maggiori soddisfazioni?

R: La cosa che in assoluto mi da maggiore soddisfazione è lavorare i metalli, ha preso il posto anche del disegno che era la mia vocazione; l’idea che avevo all’inizio era quella di diventare una disegnatrice di fumetti, un’illustratrice. Poi, mi è capitato di entrare a lavorare nel “Teatro delle mani” come scenografa, in quel contesto ho realizzato tante altre cose, dato che mi veniva chiesto di costruire i burattini e diversi oggetti di scena.  Così ho imparato a utilizzare materiali di vario tipo e quando è stato necessario realizzare una corona per il re ho cominciato a prendere confidenza anche con la lavorazione dei metalli, da quel momento è nata e cresciuta nel tempo una vera e propria passione. Tutto ciò che faccio mi piace comunque moltissimo: lavorare con la stoffa, dipingere, però... lavorare i metalli e in particolare l’argento è una sfida che mi entusiasma.



D: Quando parli della lavorazione di metalli quindi ti riferisci prevalentemente all’argento?

R: Si, perché è possibile ottenere degli effetti che con altri metalli non si ottengono, ho abbandonato da tempo gli altri fili da bigiotteria, e per la realizzazione di gioielli uso quasi esclusivamente l’argento. 



Lavoro anche il bronzo e l’ottone, due metalli che mi piacciono e che ritengo particolarmente funzionali nella realizzazione di un altro tipo di creazioni: per esempio se lavoro a un’agenda, un cappello, una borsina o una pochette, alcune decorazioni possono essere realizzate in bronzo oppure in ottone.





D: Ogni tu creazione evidenzia una particolare passione per l’antico, il misterioso, il magico, attraverso uno stile medievale, gotico, ma anche vittoriano, steampunk.

R: Sono appassionata di cose antiche, mi piace tutto ciò che è antico, non solo gli oggetti ma anche le case, come questa in cui vivo ora e che adoro. Penso di essere una delle poche persone che si fermano ad ammirare i fregi dei vecchi palazzi, soprattutto se si tratta di art-nouveau, che mi fa letteralmente uscire di testa.  Inoltre mi ha sempre attirato l’aspetto gotico del periodo vittoriano, i vampiri, e poi il soprannaturale, i fantasmi o le case con “presenze”. Sin da bambina poi, amo il fantasy: la storia infinita, labyrinth, ecc.; quando andavo per boschi con i miei genitori a cercare funghi,  la mia mente si perdeva in quel luogo misterioso e restavo in attesa di vedere da un momento all’altro apparire una fata o un folletto. Ho sempre vissuto in un mondo tutto mio, tra l’antico e il fantasy, è il mio modo di essere, un’espressione di me; io stessa mi sento “antica”, fuori tempo, e poi di carattere sono un po’ streghetta, quindi…





D: Ma è un mondo in cui credi o semplicemente che ti attira, ti solletica?

Fotografare quando c'è poca luce e scende la notte - 2°parte: Utilizzare il Treppiede.


Quando la scena che vogliamo riprendere è statica, abbiamo la fortuna di poter studiare con calma l'inquadratura che più ci piace e decidere quali siano le regolazioni che si adattano meglio al risultato che ci siamo preposti di ottenere.
In questo caso la scelta migliore che possiamo fare e che ci consentirà di avere il massimo delle possibilità a nostra disposizione, è quella di poter fare affidamento su un supporto in grado di assicurare stabilità al nostro apparecchio fotografico.

Fotografare utilizzando un treppiede: 

i vantaggi che derivano da questa scelta sono notevoli, primo fra tutti il fatto di mettere da parte le preoccupazioni derivanti dall'allungamento dei tempi di scatto, aspetto che tra le altre cose consentirà di utilizzare:
  • diaframmi intermedi per ottenere una resa migliore da parte dell'ottica e una profondità di campo più ampia; ma se la situazione dovesse richiedere che sia tutto a fuoco, a partire da un soggetto in primo piano sino allo sfondo, non si avrà nessuna difficoltà a chiudere ulteriormente il diaframma sino ad arrivare a valori di f/11 - f/16, e se indispensabile spingersi fino a f/22 (normalmente poco utilizzato a causa degli effetti negativi sulla nitidezza dovuti alla diffrazione).
  • una sensibilità bassa, a tutto vantaggio della qualità dell'immagine, che presenterà un rumore contenuto, una gamma tonale più ampia e la migliore riproduzione dei colori di cui è capace la nostra fotocamera.

Focale 28mm. con f/13 e 8sec. a 100 ISO
Ma anche utilizzando un treppiede, non bisogna fare l'errore di sentirsi eccessivamente sicuri di avere eliminato così ogni possibile causa di vibrazioni.
A parte l'aspetto piuttosto ovvio, per cui conta la robustezza e il carico massimo in peso gestibile dal treppiede che viene utilizzato, è indispensabile avere una serie di accortezze che possano darci la garanzia di ottenere la massima stabilità possibile:
  • utilizzare un dispositivo di scatto remoto (a cavo, a infrarossi o wireless), dato che anche la semplice pressione sul pulsante di scatto può indurre delle vibrazioni che permangono anche durante l'apertura dell'otturatore (in mancanza si può utilizzare l'autoscatto).
  • selezionare l'apposita funzione che consente di bloccare in alto lo specchio della reflex prima dello scatto, visto che il movimento del gruppo di sollevamento dello specchio provoca consistenti vibrazioni:
  • disabilitare lo stabilizzatore dell'obiettivo, che tratto in inganno dall'uso di un supporto stabile come il treppiede, reagisce con dei leggeri aggiustamenti del gruppo ottico che paradossalmente possono finire per generare delle immagini affette da micro-mosso.
Per quanto riguarda invece l'esposizione, dobbiamo considerare che quando scende la notte le condizioni di luce si invertono: di giorno sono le ombre a dare tridimensionalità, di notte sono le parti illuminate a emergere dalle aree più scure o buie. A questo si aggiunge il fatto che spesso sono presenti delle fonti di luce intensa all'interno dell'inquadratura.


Gli esposimetri delle nostre fotocamere, per quanto siano sofisticati, si trovano quindi a operare in condizioni di luce tali per cui vanno frequentemente in difficoltà e se si vuole ottenere un'esposizione ben bilanciata tra luci e ombre, è spesso indispensabile effettuare delle correzioni manuali.


Il mio consiglio è quello di scattare inizialmente una foto in automatico e dopo aver valutato il risultato sul display e dato un'occhiata all'istogramma risultante, spostarsi sulla regolazione manuale apportando le correzioni necessarie.
Può essere comunque utile scattare più foto della stessa scena con esposizioni diverse, dato che la fotografia notturna è uno dei casi in cui anche l'esame dell'istogramma può trarre in inganno, sopratutto se entrano nell'inquadratura luci particolarmente intense.


In una foto notturna, il divario tra le parti in luce e quelle in ombra è tale per cui le luci dei lampioni o dei faretti accesi, andranno quasi sempre a collocarsi al di fuori dalla gamma registrabile risultando bruciate, mentre la gran parte dei dei toni della foto sarà spostata verso le ombre, come possiamo vedere nell'istogramma relativo a quest'ultima immagine.
Diversamente da quanto si verifica per una foto scattata con luce calante ma con un cielo ancora abbastanza luminoso, nella quale i valori si distribuiscono in maniera più equilibrata, come ci aspettiamo di vedere per una foto esposta correttamente.


Le Interviste: Rory Piu - Rory's Bijoux


Oggi sono a Settimo San Pietro, un piccolo paesino (circa 6700 anime) a soli 12 Km. da Cagliari, e mi trovo nel laboratorio di una giovane che ama l’handmade e si dedica alla creazione di bijoux utilizzando il fimo. 


Alcuni di voi penseranno subito che sono tanti gli hobbisti che adoperano le paste polimeriche per le loro creazioni, e che in gran parte realizzano oggetti molto semplici, ma le interviste pubblicate sulla pagina di "The Creative Art" puntano sempre a farvi scoprire delle persone che, pur operando in campi molto diversi, sono comunque dotate di un particolare talento artistico, e Rory è certamente una di queste. 


D: La prima domanda è una semplice curiosità che molti avranno leggendo il nome del tuo account facebook e la denominazione della tua linea di prodotti: il tuo nome è Roberta ma preferisci farti chiamare Rory, come mai? 

R: Nasce tutto dalla serie TV “Una mamma per amica”, una delle protagoniste si chiama Rory, un nome che mi è piaciuto subito tantissimo, e quando si è trattato di aprire il blog ho sentito che quello era il nome più adatto da abbinare alla linea di bijoux che stavo realizzando. Non so spiegare esattamente il perché, ho provato diverse possibili varianti basate sul mio nome, ma alla fine Rory’s Bijoux mi è sembrato perfetto. Nelle lettere iniziali richiama il mio nome, ma è più breve, immediato e semplice, come in fondo mi sento io: una persona semplice con le sue passioni. Ho sentito questo nome talmente mio, che mi è venuto spontaneo adottarlo anche per la pagina personale.



D: Hai completato il tuo corso di studi al’IPSS Sandro Pertini prendendo il diploma di tecnico della moda e del costume, un'area in qualche modo contigua a quella che si occupa della creazione di gioielli e bijoux , quindi la tua passione risale a diversi anni fa?

R: In realtà la mia passione nasce già da piccola, come tante bambine amavo giocare con le classiche perline, e anche quando stavo da mia nonna mi bastava avere un poco di pasta bucata per ricavarne bracciali e collane.  Anche più grandicella, stavo sempre a “pasticciare” con la plastilina, il didò, e poi il das, che mia madre era solita comprarmi, e passavo delle ore a creare le mie collezioni di “gioielli”.
Un’altra passione che avevo da ragazzina era quella di disegnare vestiti e questo mi ha portato, più avanti negli anni, a seguire un corso di studi dell’IPSS espressamente orientato alla moda. Ma dopo aver preso il diploma ho realizzato che dovevo dare spazio a quella che era la mia vocazione più forte: la moda mi piaceva tantissimo, ma mai quanto la creazione di bijoux.  



D: Cosa ti ha portato a scegliere di utilizzare le paste polimeriche per realizzare le tue creazioni?

R: Come dicevo prima, mi è sempre piaciuto lavorare con le paste modellabili, materiali che grazie alla loro duttilità possono essere plasmati sino a prendere la forma di ciò che si ha in mente di realizzare. Inoltre, mi piaceva cercare di fare le cose in miniatura, più erano piccole più era grande la mia soddisfazione; da questo punto di vista , la pasta polimerica è il materiale ideale. 
Sono arrivata al Fimo per caso: mentre effettuavo una ricerca per la tesi del diploma su internet mi sono imbattuta in un lavoro che ha colpito la mia attenzione, ho subito cercato altre informazioni e i possibili punti vendita nei quali trovare il materiale, che in quel momento non era ancora così diffuso come oggi.  
Quando ho iniziato a lavorarlo è stato come tornare bambina, ma questa volta avendo la possibilità di lavorare in maniera matura e di poter crescere; il fimo offre tante possibilità, si possono realizzare lavori molto semplici così come si possono ottenere delle creazioni estremamente elaborate. La lavorabilità è eccezionale, così come la possibilità di ottenere tutta la gamma di colori e sfumature, inoltre se ben condizionato (lavorato bene con le mani sino a scaldarsi uniformemente e amalgamarsi) e cotto correttamente (temperatura corretta e costante, raffreddamento graduale) è un materiale che può durare una vita.

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