Per questa intervista sono andato a Gonnosfanadiga, un paese della provincia del Medio Campidano alle pendici orientali del monte Linas. Gonnosfanadiga e anche conosciuta come “La città dell’olio d’oliva”, perché nel suo territorio si produce e vende uno dei migliori olii prodotti in Sardegna.
Mi trovo nella casa di Marta Floris, un’antica casa campidanese con un grande portale in legno e un ampio cortile, nella quale abita da poco tempo e che sta pazientemente ristrutturando. Ci siamo accomodati all’interno di un loggiato che si apre su dei locali originariamente utilizzati come magazzini e che oggi funge da laboratorio del “Il Baule del Gatto”:
D: Ciao Marty, ricordo che diversi anni fa, quando per la prima volta mi parlarono di una ragazza che creava oggetti che si discostavano nettamente da quanto si vedeva normalmente circolare nei mercatini, fui colpito dall’originalità del nome che aveva dato al suo laboratorio: “Il Baule del Gatto”, mi racconti come e perché hai scelto questo nome?
R: Quando si è trattato di realizzare il sito per esporre i miei lavori volevo assolutamente trovare un nome originale. Sono una persona alla quale piacciono le cose particolari: sono appassionata di oggetti antichi come quelli che si possono trovare nelle scatole o nei bauli delle vecchie soffitte; dato poi che, come è risaputo, mi piacciono tantissimo i gatti - amo il mio gatto da morire – mi è venuta in mente l’immagine di un gatto sopra un baule in soffitta, è nato così il nome “Il Baule del Gatto”. E’ un nome simpatico, che tra l'altro richiama la sorpresa di chi apre un vecchio baule polveroso scoprendo che al suo interno si trovano tante cose diverse, come le mie creazioni che spaziano in tanti campi differenti; un nome che sin dal primo momento è stato gradito molto anche dalle persone che si avvicinavano incuriosite al mio banchetto.
D: Dopo aver preso il diploma nel Liceo Artistico di Cagliari, la tua passione per l’arte ti ha portata ad allargare i tuoi orizzonti andando oltre il disegno e la pittura, e ti sei dedicata alla creazione di bijoux, gioielli in argento e pietre preziose, borsine, pochette, portamonete, scatole in legno e vetro dipinte a mano, capi d’abbigliamento decorati con i tuoi disegni, quale di queste attività ami di più e ti da maggiori soddisfazioni?
R: La cosa che in assoluto mi da maggiore soddisfazione è lavorare i metalli, ha preso il posto anche del disegno che era la mia vocazione; l’idea che avevo all’inizio era quella di diventare una disegnatrice di fumetti, un’illustratrice. Poi, mi è capitato di entrare a lavorare nel “Teatro delle mani” come scenografa, in quel contesto ho realizzato tante altre cose, dato che mi veniva chiesto di costruire i burattini e diversi oggetti di scena. Così ho imparato a utilizzare materiali di vario tipo e quando è stato necessario realizzare una corona per il re ho cominciato a prendere confidenza anche con la lavorazione dei metalli, da quel momento è nata e cresciuta nel tempo una vera e propria passione. Tutto ciò che faccio mi piace comunque moltissimo: lavorare con la stoffa, dipingere, però... lavorare i metalli e in particolare l’argento è una sfida che mi entusiasma.
D: Quando parli della lavorazione di metalli quindi ti riferisci prevalentemente all’argento?
R: Si, perché è possibile ottenere degli effetti che con altri metalli non si ottengono, ho abbandonato da tempo gli altri fili da bigiotteria, e per la realizzazione di gioielli uso quasi esclusivamente l’argento.
Lavoro anche il bronzo e l’ottone, due metalli che mi piacciono e che ritengo particolarmente funzionali nella realizzazione di un altro tipo di creazioni: per esempio se lavoro a un’agenda, un cappello, una borsina o una pochette, alcune decorazioni possono essere realizzate in bronzo oppure in ottone.
Lavoro anche il bronzo e l’ottone, due metalli che mi piacciono e che ritengo particolarmente funzionali nella realizzazione di un altro tipo di creazioni: per esempio se lavoro a un’agenda, un cappello, una borsina o una pochette, alcune decorazioni possono essere realizzate in bronzo oppure in ottone.
D: Ogni tu creazione evidenzia una particolare passione per l’antico, il misterioso, il magico, attraverso uno stile medievale, gotico, ma anche vittoriano, steampunk.
R: Sono appassionata di cose antiche, mi piace tutto ciò che è antico, non solo gli oggetti ma anche le case, come questa in cui vivo ora e che adoro. Penso di essere una delle poche persone che si fermano ad ammirare i fregi dei vecchi palazzi, soprattutto se si tratta di art-nouveau, che mi fa letteralmente uscire di testa. Inoltre mi ha sempre attirato l’aspetto gotico del periodo vittoriano, i vampiri, e poi il soprannaturale, i fantasmi o le case con “presenze”. Sin da bambina poi, amo il fantasy: la storia infinita, labyrinth, ecc.; quando andavo per boschi con i miei genitori a cercare funghi, la mia mente si perdeva in quel luogo misterioso e restavo in attesa di vedere da un momento all’altro apparire una fata o un folletto. Ho sempre vissuto in un mondo tutto mio, tra l’antico e il fantasy, è il mio modo di essere, un’espressione di me; io stessa mi sento “antica”, fuori tempo, e poi di carattere sono un po’ streghetta, quindi…
D: Ma è un mondo in cui credi o semplicemente che ti attira, ti solletica?
R: Entrambe le cose. A una parte di me piacerebbe che le cose positive di quel mondo fantasy fossero reali, per altri versi vedo le cose meno piacevoli e che incutono paura come una sfida da affrontare e vincere. Si, è decisamente un mondo che mi attrae e mi stimola, se per esempio vado in un paese, cerco sempre le case abbandonate, cadenti o dall’aspetto misterioso, le fotografo per poi elaborare gli scatti in stile horror.
D: Parlaci dei materiali e dei metodi di lavorazione che usi per i tuoi gioielli.
R: Per prima cosa scelgo la pietra o il cristallo da utilizzare...
... inizio a prenderne la forma modellando il filo d’argento intorno alla pietra e lavoro sulla struttura del gioiello utilizzando le mani, le pinze e anche il martello quando devo raddrizzare o appiattire.
La dove si rende necessario fare delle saldature tolgo la pietra e utilizzo la fiamma prodotta da un mini cannello alimentato a butano assieme a una lega morbida in argento, facilitando la riuscita della saldatura attraverso un flussante al borace. Successivamente aggiungo eventuali ulteriori elementi per completare il decoro, e solo in ultimo reinserisco la pietra che se lasciata in sede potrebbe rischiare di danneggiarsi con l'alto calore prodotto durante la saldatura.
... inizio a prenderne la forma modellando il filo d’argento intorno alla pietra e lavoro sulla struttura del gioiello utilizzando le mani, le pinze e anche il martello quando devo raddrizzare o appiattire.
La dove si rende necessario fare delle saldature tolgo la pietra e utilizzo la fiamma prodotta da un mini cannello alimentato a butano assieme a una lega morbida in argento, facilitando la riuscita della saldatura attraverso un flussante al borace. Successivamente aggiungo eventuali ulteriori elementi per completare il decoro, e solo in ultimo reinserisco la pietra che se lasciata in sede potrebbe rischiare di danneggiarsi con l'alto calore prodotto durante la saldatura.
Per la realizzazione invece di un anello incastonato, dopo aver scelto la pietra...
... inizio preparando il cassone che dovrà contenerla utilizzando della lamiera d’argento.
Di solito preferisco ritagliare la lamiera per creare le punte che una volta ripiegate terranno bloccata in sede la pietra, come si usava un tempo su molti gioielli sardi, piuttosto che aggiungere dei piccoli perni successivamente.
Quindi realizzo la fascetta dell’anello, che può essere di forme diverse, apribile o meno, ed eventualmente decorata.
Mi aiuto con la fiamma per rendere l’argento più morbido e facilitare la lavorazione e a fine lavoro lo raffreddo bruscamente nell’acqua per temprarlo così che riacquisti la rigidità originaria.
... inizio preparando il cassone che dovrà contenerla utilizzando della lamiera d’argento.
Di solito preferisco ritagliare la lamiera per creare le punte che una volta ripiegate terranno bloccata in sede la pietra, come si usava un tempo su molti gioielli sardi, piuttosto che aggiungere dei piccoli perni successivamente.
Mi aiuto con la fiamma per rendere l’argento più morbido e facilitare la lavorazione e a fine lavoro lo raffreddo bruscamente nell’acqua per temprarlo così che riacquisti la rigidità originaria.
D: Per quando riguarda invece le maglie?
R: Utilizzo colori specifici per le stoffe che consentono di lavare tranquillamente il capo senza timore di rovinarlo. Si tratta di colori acrilici che penetrano nella stoffa fissandosi nella trama del tessuto e che garantiscono una lunga durata nel tempo. Prima di realizzare le maglie ho testato tutti i materiali: verificando che i colori oltre a essere resistenti non siano eccessivamente rigidi, con il rischio che possano spaccarsi nel tempo rovinando il disegno; scegliendo maglie in cotone 100% di spessore, fattura e qualità adeguata a questo specifico utilizzo.
Non copio mai il disegno di qualcun altro, i soggetti delle mie magliette sono esclusivamente di mia invenzione, al massimo posso ispirarmi a una foto che mi ha colpito, non per copiarne il soggetto ma per prendere spunto da una posa o una luce che mi piace.
D: Quale è il cliente tipo che acquista le tue creazioni e cosa apprezza di più?
R: La cosa che mi dicono tutti è che le mie creazioni sono assolutamente originali, che non seguo la moda del momento pur di riuscire a vendere. Se per esempio va di moda la pallina con la perlina rosa, da me non la vedrai, io faccio cose diverse e le persone si avvicinano al mio banco principalmente perché trovano oggetti originali. Un altro aspetto che attira le persone è che io tengo ad esporre le cose in maniera particolare, curando al massimo l’esposizione e utilizzando sempre dei richiami alla natura, un altro tema al quale sono molto legata. Le mie creazioni sono particolari, ma la clientela che le apprezza è molto varia, c’è chi viene colpito dall’oggetto art-nouveau, chi dal medioevale, chi dal fantasy, si avvicinano al banco persone di tutte le fasce d’età.
D: Inizialmente avevi anche aperto un laboratorio nel quartiere Castello di Cagliari, ma lo scorso anno hai preso la decisione di chiuderlo, come mai?
R: Il turismo che maggiormente si è incrementato negli ultimi anni è stato quello da crociera, purtroppo però porta molto poco dal punto di vista degli affari. I turisti fanno un tour nel quartiere storico di Cagliari con tempi contingentati, vengono portati solo in alcuni posti specifici e non gli viene dato il tempo per fermarsi a visitare le botteghe del quartiere, a tutto svantaggio delle piccole attività che al posto di crescere vanno progressivamente a diminuire.
La chiusura del Bastione di San Remy da parte del Comune per i lavori di restauro (dureranno circa due anni), ha poi comportato una drastica diminuzione dei turisti che normalmente transitavano in alcune strade, compresa quella dove avevo il mio laboratorio e mi sono trovata nella condizione di doverlo chiudere. L’ho fatto a malincuore perché il quartiere mi piace moltissimo è avevo un buon rapporto con i vicini, ma la situazione era diventata talmente negativa che non potevo più permettermelo. Tante altre attività hanno sofferto come me la decisione di chiudere l’intera area del bastione al posto di suddividere il lavoro in più lotti da eseguire in tempi diversi; un esempio per tutti il “Caffè degli Spiriti” che dovrà stare chiuso per due anni e chissà se a fine lavori avrà la forza per riaprire.
Un altro aspetto importante è che il quartiere non ha avuto l’evoluzione che si sperava: manca totalmente di servizi, per qualsiasi necessità il turista deve tornare indietro scendendo nuovamente verso la zona di via Roma; la ristrutturazione dei vecchi palazzi ha indotto i proprietari ad alzare indiscriminatamente gli affitti: tanta gente è andata via e non sono in tanti a potersi permettere di pagare cifre così elevate, con il risultato che il quartiere si sta spopolando.
D: Quali sono i vantaggi o gli svantaggi di lavorare invece in un piccolo paese come Gonnosfanadiga?
R: Il vantaggio è la grande tranquillità, la possibilità di trovare le condizioni migliori per seguire la propria ispirazione. Per contro, adesso devo muovermi molto, nei dintorni ci sono centri abbastanza vivaci come Villacidro o San Gavino, ma per riuscire ad avere un buon ritorno devo spostarmi a Cagliari, nel Sulcis-Iglesiente, capita di andare anche a Sassari, fortunatamente è una cosa che a me non pesa più di tanto.
D: Non è facile riuscire ad affermarsi nel settore, quali difficoltà hai incontrato e cosa ritieni si potrebbe fare per dare un aiuto concreto a chi vuole provare a trasformare la propria passione in un’attività?
R: Un aspetto che bisognerebbe riuscire a superare è questa inutile contrapposizione per la quale i creativi vengono visti come qualcuno che vuole portare via il lavoro agli artigiani. Non parlo per me che ho ancora tanto da imparare, ma ho avuto a che fare con persone veramente brave che hanno messo da parte il loro talento perché si scontravano con una realtà che le poneva sempre in luce negativa: per gli artigiani sei uno che porta via il lavoro, per i clienti uno che realizza cose di poco valore, per lo stato uno che non paga le tasse. La prima cosa che farei è quella di abolire la dicitura hobbista, che ricomprende coloro che nel tempo libero si dedicano al collezionismo o alla realizzazione di modellini. La nostra categoria è quella di “operatori di ingegno creativo” e sarebbe necessario che venga differenziata, magari istituendo un albo dei creativi dove venga certificato che sei una persona che per l’appunto realizza opere del proprio ingeno, che non ha una produzione in serie ma lavora manualmente, e soprattutto non compra gli oggetti che rivende. Poi c’è da risolvere la questione relativa all’apertura della partita IVA, perché è giusto che mi venga chiesto di pagare le tasse e i contributi, naturalmente in proporzione al fatturato, ma sono necessari anche i controlli attraverso i quali verificare la reale condizione di appartenenza alla categoria dei creativi, la tua capacita di produrre personalmente gli oggetti che vendi.
Insomma, una regolamentazione che tenendo conto della particolarità del creativo, gli consenta di sviluppare una attività vera e propria, lasciando aperta la strada all’eventualità che un domani si possa trasformare in un artigiano. Oggi l’inquadramento come hobbisti presenta dei vincoli talmente pesanti che ottiene solo il risultato di far rinunciare all’idea di trasformare la propria passione in una possibile attività futura: problemi sugli acquisti per la mancanza di partita iva, impossibilità di utilizzare la propria insegna, impossibilità di partecipare a manifestazioni che non siano nate espressamente per gli hobbisti, impossibilità in alcune piazze di utilizzare i gazebo, impossibilità di esporre i prezzi nella bancarella, ecc..
D: Quando le risorse sono poche non è facile arrivare a farsi conoscere dal grande pubblico, cosa fai per promuovere la tua attività?
R: Sono molto presente nelle manifestazioni che si tengono in varie parti dell’isola, ma cerco di esserlo anche on line che credo rappresenti la via migliore per coinvolgere tante persone senza grossi investimenti, e che può aprire il mercato anche verso gli stranieri. Qualche tempo fa ho aperto un negozio online su Etsy che mi ha portato qualche vendita; negli ultimi tempi non l'ho alimentato con nuovi prodotti ma intendo riprendere a curarlo perché solo attraverso una gestione continua si può sperare di ottenere dei risultati, anche se ho avuto modo di constatare che nel campo dei gioielli la concorrenza straniera è veramente molto forte.
https://www.facebook.com/il-baule-del-gatto--185822223494/
http://ioilbauledelgatto.blogspot.it/
https://www.etsy.com/it/shop/IlBauleDelGatto
D: Progetti per il futuro e sogni nel cassetto?
R: Mi piacerebbe partecipare alle fiere che si svolgono fuori dalla Sardegna, vorrei conoscere meglio come si muove il mercato dei creativi nel resto d’Italia e magari avere contatti con altre persone per cercare possibili collaborazioni e sbocchi futuri.
Per quanto riguarda le creazioni ho delle nuove idee sui gioielli, ma preferisco non parlarne perché sono ancora in fase embrionale, mentre voglio sicuramente sviluppare meglio le sculture con il filo di alluminio, un tipo di lavorazione che ho iniziato da poco tempo: il filo segue idealmente le forme del soggetto, sostituendosi alle linee ideali di una matita che ne avrebbe disegnato contorni e volumi.
Il sogno nel cassetto? Rimane comunque quello che penso appartenga a gran parte dei creativi: riuscire a vedere concretamente la possibilità di trasformare questa passione in una vera e propria attività duratura nel tempo.