D. Osservando le tue creazioni mi viene spontaneo pensare che il tuo percorso personale sia in qualche maniera legato al disegno e alla pittura.
R. Per dieci anni ho lavorato a contatto con l'infanzia. Il mio lavoro era fortemente caratterizzato dall'aspetto grafico; il registro che utilizzavo nel rapporto con i bambini era quello della raffigurazione e dell'illustrazione, competenza per la quale venivo maggiormente richiesta: insomma disegnavo con i bambini e per i bambini.
D. Questa era una tua predisposizione naturale o anche gli studi che avevi fatto erano in quella direzione?
R. E’ stata sempre una mia naturale inclinazione; sin da bambina avevo manifestato una particolare propensione per il disegno, un linguaggio che mi risultava istintivo, evidenziando una precocità che faceva ben sperare.
Tuttavia si ritenne opportuno che prima percorressi una via di approfondimento umanistico, quindi ho frequentato il liceo classico e in seguito la facoltà di sociologia. La mia è una famiglia di artisti (il mio nonno paterno pittore e mio padre disegnatore di talento). Sono stata educata a considerare il lavoro artistico come un lavoro di alto profilo, che implicava necessariamente il passaggio attraverso un background intellettuale. Il concetto era che non bastasse una naturale propensione al disegno, ma fosse indispensabile conoscere la storia dell'arte, acquisire un senso estetico che maturasse anche attraverso lo studio e così via... Per tanti anni ho lasciato questo lato di me chiuso in un cassetto, senza mai coltivarlo in maniera mirata e sistematica; posso dire, oggi, con un certo rimpianto.
D. Come mai hai scelto per le tue creazioni dei semplici sassi?
R. Mi ero trasferita da circa un anno in una casa in campagna assieme a Mark, il mio fidanzato e, come accade frequentemente di questi tempi, persi il lavoro che sino a quel momento mi aveva dato stabilità. Ero fermamente decisa a trovare al più presto un altro impiego, ma persone a me vicine suggerivano che non mi lasciassi prendere dall’urgenza e mi ripetevano: “lascia per qualche tempo che le cose accadano e sarà la vita a darti uno spunto quando verrà il momento”. In quel periodo, che per me doveva comunque essere assolutamente transitorio, mi sono dedicata a fare quelle cose bellissime che mentre lavoravo non avevo il tempo di fare. Oltre a curare la casa, l’orto e quant'altro, leggevo e facevo lunghe passeggiate sulla spiaggia. Per la prima volta dopo tanti anni vivevo in uno spazio dilatato dove potevo vedere e osservare a lungo delle cose che, nella frenesia degli impegni quotidiani, non riuscivo più a cogliere. In quelle passeggiate, lente, pervase dai colori e dagli odori, ho ritrovato sensazioni provate da bambina, quando mi facevo trasportare dalla fantasia immaginando che i sassi in riva al mare fossero in realtà delle pietre preziose. Ricordo come cercassi e raccogliessi le più belle; un piccolo tesoro che immaginavo di custodire in uno scrigno prima di restituirlo alle onde. Un tesoro alla portata di tutti, semplicemente bastava l’attenzione giusta per riuscire a vederlo.
Ma tornando ai giorni nostri, in una mattina di primavera, sulla spiaggia, ho raccolto alcuni sassi neri, piatti, lucidi, dalla forma perfetta; ne ho poggiato uno sul dorso della mano e ho visto che aveva un’ottima vestibilità come anello. Ho pensato: in questo momento ho il tempo per dedicarmi un po' alla creatività... c’è chi fa decoupage, chi lavora a punto croce, io mi porto a casa questo sasso e provo a farne un anello. Era sicuramente anche uno spunto per rimettere mano a pennelli a colori. Così ho dipinto un motivo astratto su quel sasso. L'anello realizzato era effettivamente grazioso e così per qualche tempo mi sono divertita a creare collane, bracciali, orecchini e anelli, ottenuti sempre dipingendo sui sassi.