Spazio 61 - Rassegna d'Arte "Ciao Primavera".

L'Associazione culturale Spazio 61, propone dal 6 al 14 giugno, il terzo gruppo di artisti che hanno aderito alla rassegna d'arte "Ciao Primavera - Cinquanta sfumature... di colore"

La mostra è allestita in via dei Genovesi 48, nel quartiere Castello di Cagliari, all'interno dello studio d'arte di Sandro Serra, che in queste occasioni viene temporaneamente adibito a spazio espositivo.
Ho visitato la mostra domenica mattina, apprezzando i lavori esposti, che spaziano dall'astratto al figurativo, e comprendono anche tecniche miste e sculture.

Gli artisti coinvolti in questa tornata sono: Tiziana Cabboi, Francesco Cau, Luca Cossu, Stefania Faedda, Vincenzo Manca, Manucra Marcias, Gianni Mattu, Angela Mei, Sara Pedoni, Stefania Pedoni, Michelle Pisapia, Rita Carla Piras, Francesca Sanna, Alessia Sirigu. 
Sono inoltre presenti alcuni lavori dello stesso Sandro Serra che mi ha seguito durante tutta la visita, fornendomi interessanti elementi sulle opere e sugli artisti che le hanno realizzate.

Potete vedere di seguito alcune foto che ho scattato nella circostanza:

Spazio 61 - Il quadro in primo piano a sinistra è di Tiziana Cabboi

Le interviste: Emanuela De Murtas - Unapietralcollo - gioielli di sasso.


Ciao Emanuela, ti ringrazio di avermi concesso questa intervista, anche se so che sei molto impegnata perché stai preparando il materiale per una prossima mostra. 


D.    Osservando le tue creazioni mi viene spontaneo pensare che il tuo percorso personale sia in qualche maniera legato al disegno e alla pittura. 

R.   Per dieci anni ho lavorato a contatto con l'infanzia. Il mio lavoro era fortemente caratterizzato dall'aspetto grafico; il registro che utilizzavo nel rapporto con i bambini era quello della raffigurazione e dell'illustrazione, competenza per la quale venivo maggiormente richiesta: insomma disegnavo con i bambini e per i bambini. 


D.    Questa era una tua predisposizione naturale o anche gli studi che avevi fatto erano in quella direzione?

R.     E’ stata sempre una mia naturale inclinazione; sin da bambina avevo manifestato una particolare propensione per il disegno, un linguaggio che mi risultava istintivo, evidenziando una precocità che faceva ben sperare. 
Tuttavia si ritenne opportuno che prima percorressi una via di approfondimento umanistico, quindi ho frequentato il liceo classico e in seguito la facoltà di sociologia. La mia è una famiglia di artisti (il mio nonno paterno pittore e mio padre disegnatore di talento). Sono stata educata a considerare il lavoro artistico come un lavoro di alto profilo,  che implicava necessariamente il passaggio attraverso un background intellettuale. Il concetto era che non bastasse una naturale propensione al disegno, ma fosse indispensabile conoscere la storia dell'arte, acquisire un senso estetico che maturasse anche attraverso lo studio e così via...  Per tanti anni ho lasciato questo lato di me chiuso in un cassetto, senza mai coltivarlo in maniera mirata e sistematica; posso dire, oggi, con un  certo rimpianto. 





D.    Come mai hai scelto per le tue creazioni dei semplici sassi? 

R.    Mi ero trasferita da circa un anno in una casa in campagna assieme a Mark, il mio fidanzato e, come accade frequentemente di questi tempi, persi il lavoro che sino a quel momento mi aveva dato stabilità. Ero fermamente decisa a trovare al più presto un altro impiego, ma persone a me vicine suggerivano che non mi lasciassi prendere dall’urgenza e mi ripetevano: “lascia per qualche tempo che le cose accadano e sarà la vita a darti uno spunto quando verrà il momento”. In quel periodo, che per me doveva comunque essere assolutamente transitorio, mi sono dedicata a fare quelle cose bellissime che mentre lavoravo non avevo il tempo di fare. Oltre a curare la casa, l’orto e quant'altro, leggevo e facevo lunghe passeggiate sulla spiaggia. Per la prima volta dopo tanti anni vivevo in  uno spazio dilatato dove potevo vedere e osservare a lungo delle cose che, nella frenesia degli impegni quotidiani, non riuscivo più a cogliere. In quelle passeggiate, lente, pervase dai colori e dagli odori, ho ritrovato sensazioni provate da bambina, quando mi facevo trasportare dalla fantasia immaginando che i sassi in riva al mare fossero in realtà delle pietre preziose. Ricordo come  cercassi e raccogliessi le più belle; un piccolo tesoro che immaginavo di custodire in uno scrigno prima di restituirlo alle onde. Un tesoro alla portata di tutti, semplicemente bastava l’attenzione giusta per riuscire a vederlo. 
Ma tornando ai giorni nostri, in una mattina di primavera, sulla spiaggia, ho raccolto alcuni sassi neri, piatti, lucidi, dalla forma perfetta; ne ho poggiato uno sul dorso della mano e ho visto che aveva un’ottima vestibilità come anello. Ho pensato: in questo momento ho il tempo per dedicarmi un po' alla creatività... c’è chi fa decoupage, chi lavora a punto croce, io mi porto a casa questo sasso e provo a farne un anello. Era sicuramente anche uno spunto per rimettere mano a pennelli a colori. Così ho dipinto un motivo astratto su quel sasso. L'anello realizzato era effettivamente grazioso e così per qualche tempo mi sono divertita a creare collane, bracciali, orecchini e anelli, ottenuti sempre dipingendo sui sassi.





Le Interviste: Cintia Orrù - GhirigoriGlass

Sono a Dolianova, una cittadina della Sardegna sud-orientale che si trova nel cuore del Parteolla
Mi trovo nel laboratorio di Cintia Orrù che sotto il marchio GhirighoriGlass produce perle e gioielli in vetro di Murano.

Ciao Cintia, grazie per aver accettato di fare questa intervista, prima di iniziare dovresti togliermi una curiosità: il tuo nome è certamente poco comune, mi chiedevo se si pronuncia come è scritto.

Si, si pronuncia così com’è scritto, mio padre voleva assolutamente un nome che non fosse comune e aveva in mente il nome latino Cynthia, ma poi ha deciso di semplificarlo e renderlo ancora più personale trasformandolo in Cintia. Per lui dovevo essere diversa in tutto dalle altre bambine e voleva renderlo evidente già a partire dal nome.

(ndr: a Roma, Artemide era spesso invocata come Cynthia, appellativo che poi si è diffuso come nome proprio; ai giorni nostri si è trasformato nel più comune Cinzia, mentre la variante Cinthia è ancora presente, soprattutto in Toscana ed Emilia Romagna)

Bene, passato il timore di pronunciare erroneamente il tuo nome, partiamo con le domande:


- Non sono molti gli artigiani che in Sardegna lavorano il vetro, raccontami come è nata questa passione.

Ho sempre avuto una predisposizione artistica e amavo tantissimo disegnare. Sin da piccola, come trovavo un pezzo di carta non potevo fare a meno di riempirlo di  scarabocchi, e anche crescendo, ogni diario, quaderno e libro, erano invasi dai miei ghirigori (da questo è nata l’idea del nome dato all’attività). 
Seguendo questa mia inclinazione, una volta arrivata alle scuole superiori, mi sono iscritta all’Istituto d’Arte di Oristano dove ho appreso le basi per la lavorazione della ceramica. 
Un giorno, mentre frugavo tra i manuali presenti in libreria, mi è capitato di trovare un libricino sulla vetrofusione, in uno dei capitoli finali si parlava della lavorazione a lume: mi si è aperto un mondo!

Una volta scattato l’interesse tutto è avvenuto molto rapidamente, perché io sono fatta così, quando una cosa mi piace mi faccio prendere dall’entusiasmo. Non si trovavano testi italiani sull’argomento, così ho cercato e letto quanto più potevo sul web, anche se paradossalmente gran parte del materiale realmente utile sulla lavorazione era sempre in inglese. 
Dopo meno di un mese avevo già ordinato un kit in America, un’attrezzatura base che mi consentiva di fare le prime esperienze sulla lavorazione a lume.

Vi ricordo che basta cliccare con il mouse sopra le immagini per poterle vedere ingrandite.


- Quando hai capito che avresti potuto trasformare la passione in un lavoro a tempo pieno?

Inizialmente era esclusivamente un hobby, che aveva il grande pregio di farmi staccare dal quotidiano, un momento in cui potevo dedicarmi totalmente a me stessa e alla mia passione. All’epoca lavoravo nell’ambito della ristorazione,  un lavoro particolarmente stressante che non mi appassionava e non mi gratificava.  Tornavo a casa tardi, di notte, stanca, a volte spossata, solo la voglia di lavorare il vetro c’era sempre, mi rilassava completamente sia mentalmente che fisicamente, aiutandomi ad allentare la tensione e alleviare l’affaticamento accumulato durante la giornata. 
Sentivo di non poter continuare a fare per tutta la vita un lavoro che non mi piaceva, così ho lasciato il posto nella ristorazione, e dato che avevo iniziato a fare qualche mercatino ottenendo dei riscontri molto positivi, ho deciso di mettermi in proprio dedicandomi totalmente alla lavorazione del vetro.


E' stata una decisione molto difficile perché lasciavo un lavoro sicuro e ben retribuito per un’attività che non sapevo quali risultati mi avrebbe dato dal punto di vista economico.
Ma nonostante le incertezze iniziali e le difficoltà incontrate lungo il cammino, non cambierei in alcun modo la decisione presa, non tornerei indietro.

- Quindi la scelta fatta ha modificato positivamente la qualità della tua vita?

Assolutamente! Lavorare a lume comporta uno stato di presenza notevole, una concentrazione assoluta, indispensabile per lavorare a pochi centimetri da una fiamma ad altissima temperatura; inoltre, per le creazioni che amo fare di più, è necessaria una grande precisione di movimenti e tempi, un susseguirsi di gesti ripetuti, cadenzati e precisi, tanto che per me questo tipo di lavorazione assume una dimensione quasi meditativa che porta a uno stato di calma e benessere per il corpo e la mente.



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