Le Interviste: Rory Piu - Rory's Bijoux


Oggi sono a Settimo San Pietro, un piccolo paesino (circa 6700 anime) a soli 12 Km. da Cagliari, e mi trovo nel laboratorio di una giovane che ama l’handmade e si dedica alla creazione di bijoux utilizzando il fimo. 


Alcuni di voi penseranno subito che sono tanti gli hobbisti che adoperano le paste polimeriche per le loro creazioni, e che in gran parte realizzano oggetti molto semplici, ma le interviste pubblicate sulla pagina di "The Creative Art" puntano sempre a farvi scoprire delle persone che, pur operando in campi molto diversi, sono comunque dotate di un particolare talento artistico, e Rory è certamente una di queste. 


D: La prima domanda è una semplice curiosità che molti avranno leggendo il nome del tuo account facebook e la denominazione della tua linea di prodotti: il tuo nome è Roberta ma preferisci farti chiamare Rory, come mai? 

R: Nasce tutto dalla serie TV “Una mamma per amica”, una delle protagoniste si chiama Rory, un nome che mi è piaciuto subito tantissimo, e quando si è trattato di aprire il blog ho sentito che quello era il nome più adatto da abbinare alla linea di bijoux che stavo realizzando. Non so spiegare esattamente il perché, ho provato diverse possibili varianti basate sul mio nome, ma alla fine Rory’s Bijoux mi è sembrato perfetto. Nelle lettere iniziali richiama il mio nome, ma è più breve, immediato e semplice, come in fondo mi sento io: una persona semplice con le sue passioni. Ho sentito questo nome talmente mio, che mi è venuto spontaneo adottarlo anche per la pagina personale.



D: Hai completato il tuo corso di studi al’IPSS Sandro Pertini prendendo il diploma di tecnico della moda e del costume, un'area in qualche modo contigua a quella che si occupa della creazione di gioielli e bijoux , quindi la tua passione risale a diversi anni fa?

R: In realtà la mia passione nasce già da piccola, come tante bambine amavo giocare con le classiche perline, e anche quando stavo da mia nonna mi bastava avere un poco di pasta bucata per ricavarne bracciali e collane.  Anche più grandicella, stavo sempre a “pasticciare” con la plastilina, il didò, e poi il das, che mia madre era solita comprarmi, e passavo delle ore a creare le mie collezioni di “gioielli”.
Un’altra passione che avevo da ragazzina era quella di disegnare vestiti e questo mi ha portato, più avanti negli anni, a seguire un corso di studi dell’IPSS espressamente orientato alla moda. Ma dopo aver preso il diploma ho realizzato che dovevo dare spazio a quella che era la mia vocazione più forte: la moda mi piaceva tantissimo, ma mai quanto la creazione di bijoux.  



D: Cosa ti ha portato a scegliere di utilizzare le paste polimeriche per realizzare le tue creazioni?

R: Come dicevo prima, mi è sempre piaciuto lavorare con le paste modellabili, materiali che grazie alla loro duttilità possono essere plasmati sino a prendere la forma di ciò che si ha in mente di realizzare. Inoltre, mi piaceva cercare di fare le cose in miniatura, più erano piccole più era grande la mia soddisfazione; da questo punto di vista , la pasta polimerica è il materiale ideale. 
Sono arrivata al Fimo per caso: mentre effettuavo una ricerca per la tesi del diploma su internet mi sono imbattuta in un lavoro che ha colpito la mia attenzione, ho subito cercato altre informazioni e i possibili punti vendita nei quali trovare il materiale, che in quel momento non era ancora così diffuso come oggi.  
Quando ho iniziato a lavorarlo è stato come tornare bambina, ma questa volta avendo la possibilità di lavorare in maniera matura e di poter crescere; il fimo offre tante possibilità, si possono realizzare lavori molto semplici così come si possono ottenere delle creazioni estremamente elaborate. La lavorabilità è eccezionale, così come la possibilità di ottenere tutta la gamma di colori e sfumature, inoltre se ben condizionato (lavorato bene con le mani sino a scaldarsi uniformemente e amalgamarsi) e cotto correttamente (temperatura corretta e costante, raffreddamento graduale) è un materiale che può durare una vita.

Le Interviste: Laura Fortuna e le vignette di "Lac".


Oggi mi trovo nei Giardini Pubblici di Cagliari e sono insieme a Laura Fortunala disegnatrice che ha inventato il personaggio di "Lac": una bambina che, pur nella semplicità del tratto che la ritrae, ha subito colpito l'attenzione delle persone riscuotendo un immediato successo. 



Nelle  vignette di Lac ciascuno può ritrovare qualcosa che gli appartiene: le difficoltà quotidiane di una vita che ci appare sempre in salita, quei momenti di sconforto e paura che qualche volta ci assalgono, ma anche la capacità di reazione che ci consente di superarli, la volontà di non rinunciare a sognare, la capacità immutata di farsi catturare dalle cose semplici come la bellezza di un cielo stellato.
Ma in questa intervista scoprirete che il talento di Laura va oltre le vignette di Lac e che la sua creatività unita alla tenacia le consentono di spaziare in tanti altri campi dell’espressione artistica.

Ciao Laura, ti ringrazio per aver accettato di fare questa intervista.

D:       Dopo un rapido esame del tuo profilo e della pagina facebook dedicata a Lac , mi sono fermato un attimo a riflettere e mi son detto: se dovessi riprendere Laura mentre è impegnata in una delle sue tante attività, come posso immaginare la scena?

Il primo pensiero è stato: seduta dietro una grande scrivania, circondata e quasi sommersa da pile di libri?;

o meglio: con una matita in mano, intenta nel compito di disegnare la prossima vignetta di Lac?;

ma anche: mentre dietro le quinte, in attesa che si apra il sipario, “indossa le vesti” del personaggio che dovrà interpretare?;

e ancora: al centro di un gruppo di persone che ascoltano affascinate una sua lezione di dizione?;

o molto più semplicemente:  nel divano di casa, con vicina la gatta Luna acciambellata, mentre suona la sua fisarmonica?.

Ma chi è davvero Laura Fortuna?


R:       Sicuramente hai colto gli aspetti più salienti, il primo punto mi rispecchia appieno: sono spesso seduta alla scrivania e la scrivania è piena di libri, ma anche di matite, penne, quadernetti, delle cose con cui disegno; altrettanto vale per il letto che, quando sono stanca, prende il posto della scrivania.


Ed è vero anche il secondo punto, mi capita spesso a fine giornata di prendere in mano la matita e iniziare a disegnare, quasi sempre in cucina, ma mi succede un po’ dove capita, può accadere anche in un momento di pausa seduta al bar.



Realizzare queste vignette mi serve per smaltire quelle piccole tensioni che a volte si accumulano durante la giornata: qualche cosa che mi ha dato fastidio o fatto arrabbiare, e a un certo punto sento il bisogno di scherzarci sopra, allora arriva Lac e mi aiuta a superare le negatività.




Il teatro poi, è un aspetto centrale della mia vita, ho iniziato sin da quando ero ragazzina e frequentavo le superiori. Anche se è da un po’ che non sto sulla scena, perché ultimamente mi sono dedicata maggiormente all’attività didattica, soprattutto tenendo corsi di lettura e dizione, inizialmente in collaborazione con associazioni culturali e da qualche anno anche in maniera autonoma. 
C’è da dire che dopo aver fatto l’attrice per circa dieci anni, ho cambiato mestiere perché sono diventata libraia e da lì ho ricevuto nuovi stimoli, ma il teatro è una parte di me e non potevo rinunciarci, e così a fine novembre debutterò con uno spettacolo creato insieme a un gruppo di allievi che ha deciso di seguirmi nelle mie "follie".

Un’altra immagine nella quale mi rispecchio, è il divano di casa con affianco la mia gatta Luna; mentre per quanto riguarda la fisarmonica purtroppo non la sto suonando così spesso, anche se, poco prima di venire qui ho provato a suonare il valzer di Amélie, e me lo ricordo ancora.



Un aspetto che mi sento di aggiungere alle cose che hai citato tu, è il mio nuovo lavoro in libreria: anche aldilà delle ore nelle quali sono presente, io non riesco a smettere totalmente di essere immersa in questo lavoro. Non so come spiegarti, è più che una passione, intanto perché sin da piccola ho sempre amato i libri e poi perché questo lavoro mi ha un poco cambiato anche come lettrice. Quando sei in libreria devi essere in grado di consigliare i libri non in base al tuo gusto personale ma a quello del cliente, questo mi ha portato a spaziare nelle mie letture, prima incentrate molto sui testi teatrali,  aprendomi un mondo di autori che non conoscevo. Mentre prima mi concentravo su un autore che mi piaceva, leggendo tutto quanto aveva scritto, adesso sento molto importante il fatto di allargare le mie competenze, anche e soprattutto nei riguardi di autori che non conosco, e pure nella mia ricerca personale, ho più fame di cose nuove. 




Fotografare quando c'è poca luce e scende la notte - 1°parte: Scattare a mano libera.


Solo a partire dalla seconda metà dell'800 le emulsioni fotografiche consentirono di utilizzare tempi di esposizione inferiori al secondo, tanto che da quel momento fu necessario dotare le apparecchiature fotografiche di un vero e proprio otturatore che consentisse il controllo preciso dei tempi di scatto. 
Sino ad allora il fotografo, dovendo gestire tempi particolarmente lunghi, agiva semplicemente togliendo e rimettendo il tappo dell'obiettivo e scattava quasi esclusivamente con condizioni di pieno sole.

Chi come me ha iniziato a fotografare negli anni settanta, ha visto aumentare progressivamente la disponibilità di pellicole con sensibilità sempre più alta, partendo da 320-400 ISO per salire a 800 - 1000 - 1600 e arrivare sino a 3200 ISO. L'incremento della sensibilità, pur con i suoi limiti qualitativi, consentiva di fotografare a mano libera con condizioni di luce nelle quali prima era impossibile.
Ma nonostante l'evoluzione tecnica delle emulsioni, la carenza di luce ha rappresentato da sempre per i fotografi una delle maggiori limitazioni e quindi un ostacolo particolarmente ostico da superare.

Sta di fatto che anche con il digitale una parte consistente di fotoamatori smette di fotografare quando scende la luce, anche se così rinuncia a delle ottime opportunità.


Non dobbiamo stupirci più di tanto, dato che le condizioni sfavorevoli che vanno a interessare tutte le componenti del sistema fotografico, unite all'abitudine di affidarsi quasi esclusivamente agli automatismi delle fotocamere moderne, possono deludere le aspettative e indurre a pensare che il problema sia troppo complesso per essere affrontato:
  • i tempi di scatto diventano decisamente più lunghi con il rischio di incappare nel mosso;
  • l'eventuale utilizzo del diaframma aperto ai massimi valori va a scapito della profondità di campo e della qualità dell'immagine (aberrazioni);
  • la scelta di sensibilità più alte ha come conseguenza un marcato incremento del rumore e una contrazione della gamma dinamica registrata.
Ma non solo:
  • quando le luci artificiali presenti sono di vario tipo, il sistema automatico di bilanciamento del bianco va in crisi;
  • il sistema AF rallenta, stenta a trovare il punto di messa a fuoco e può diventare impreciso;
  • l'esposimetro viene ingannato, influenzato dalla forte luminosità dalle luci artificiali che molto spesso si trovano all'interno dell'inquadratura;
  • il contrasto tra luci e ombre è spesso molto alto, mentre nelle zone debolmente illuminate può essere particolarmente basso.
E tutte queste problematiche aumentano progressivamente man mano che la luce si fa più tenue.

Focale 24mm., f/6,3 a 1/25sec. a mano libera - 6400 ISO.
Queste difficoltà però non devono condizionare a tal punto il fotografo da indurlo a rinunciare, pur nella consapevolezza che sarà necessario spingersi ai limiti tecnici dell'attrezzatura: entriamo in un campo nel quale le certezze non esistono e inizialmente potrà sicuramente capitare di non riuscire a ottenere i risultati sperati o di commettere degli errori, ma questa è la normalità per un appassionato di fotografia.

Iniziamo da un aspetto che servirà a dividere in due parti l'argomento da trattare: non appena la luce scenderà decideremo subito di utilizzare un treppiede, o siamo intenzionati a scattare in tutti i casi a mano libera?

Si tratta infatti di due opzioni che, oltre alle preferenze personali e allo stile di ciascun fotografo, sono adatte a situazioni di ripresa differenti e possono comportare risultati diversi dal punto di vista qualitativo, condizionando in alcuni casi la possibilità massima di ingrandimento delle immagini risultanti.

Partiamo dalla fotografia a mano libera.

Può essere una scelta precisa: abbiamo preso la decisione di girare per le strade della città, fotografando ciò che più ci piace: palazzi, negozi, persone, mezzi di trasporto, come se le condizioni di luce fossero ottimali; liberi da vincoli, con un'attrezzatura leggera che non stanchi e che ci renda poco invadenti, riprendendo anche soggetti che sono in movimento.
Ma può anche essere una necessità: ci troviamo costretti a scattare a mano libera perché non abbiamo con noi il treppiede, oppure può capitare che in quello specifico contesto sia complicato l'utilizzo di un treppiede o non sia consentito.

Elliot Compagnia Teatrale: focale 100mm, f/6,3 a 1/200sec. - 6400 ISO.
Quando fotografiamo a mano libera con poca luce, l'aspetto principale da tenere sotto controllo è quello di operare con dei tempi di scatto abbastanza rapidi da evitare il mosso: sia per bloccare le vibrazioni che vengono indotte al momento dello scatto, sia per fermare il movimento delle persone riprese.
Questo obbligherà a selezionare livelli di sensibilità crescenti man mano che la luce scende, con il conseguente progressivo aumento della quantità di rumore che risulterà presente nell'immagine.

Quindi la sfida che dobbiamo affrontare per avere dei buoni risultati dal punto di vista tecnico quando scattiamo a mano libera, è quella di riuscire a trovare il miglior compromesso tra la nitidezza dell'immagine e la presenza di rumore, optando per tempi di scatto adeguati al contesto, senza aumentare eccessivamente la sensibilità.

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