Fotografare quando c'è poca luce e scende la notte - 2°parte: Utilizzare il Treppiede.


Quando la scena che vogliamo riprendere è statica, abbiamo la fortuna di poter studiare con calma l'inquadratura che più ci piace e decidere quali siano le regolazioni che si adattano meglio al risultato che ci siamo preposti di ottenere.
In questo caso la scelta migliore che possiamo fare e che ci consentirà di avere il massimo delle possibilità a nostra disposizione, è quella di poter fare affidamento su un supporto in grado di assicurare stabilità al nostro apparecchio fotografico.

Fotografare utilizzando un treppiede: 

i vantaggi che derivano da questa scelta sono notevoli, primo fra tutti il fatto di mettere da parte le preoccupazioni derivanti dall'allungamento dei tempi di scatto, aspetto che tra le altre cose consentirà di utilizzare:
  • diaframmi intermedi per ottenere una resa migliore da parte dell'ottica e una profondità di campo più ampia; ma se la situazione dovesse richiedere che sia tutto a fuoco, a partire da un soggetto in primo piano sino allo sfondo, non si avrà nessuna difficoltà a chiudere ulteriormente il diaframma sino ad arrivare a valori di f/11 - f/16, e se indispensabile spingersi fino a f/22 (normalmente poco utilizzato a causa degli effetti negativi sulla nitidezza dovuti alla diffrazione).
  • una sensibilità bassa, a tutto vantaggio della qualità dell'immagine, che presenterà un rumore contenuto, una gamma tonale più ampia e la migliore riproduzione dei colori di cui è capace la nostra fotocamera.

Focale 28mm. con f/13 e 8sec. a 100 ISO
Ma anche utilizzando un treppiede, non bisogna fare l'errore di sentirsi eccessivamente sicuri di avere eliminato così ogni possibile causa di vibrazioni.
A parte l'aspetto piuttosto ovvio, per cui conta la robustezza e il carico massimo in peso gestibile dal treppiede che viene utilizzato, è indispensabile avere una serie di accortezze che possano darci la garanzia di ottenere la massima stabilità possibile:
  • utilizzare un dispositivo di scatto remoto (a cavo, a infrarossi o wireless), dato che anche la semplice pressione sul pulsante di scatto può indurre delle vibrazioni che permangono anche durante l'apertura dell'otturatore (in mancanza si può utilizzare l'autoscatto).
  • selezionare l'apposita funzione che consente di bloccare in alto lo specchio della reflex prima dello scatto, visto che il movimento del gruppo di sollevamento dello specchio provoca consistenti vibrazioni:
  • disabilitare lo stabilizzatore dell'obiettivo, che tratto in inganno dall'uso di un supporto stabile come il treppiede, reagisce con dei leggeri aggiustamenti del gruppo ottico che paradossalmente possono finire per generare delle immagini affette da micro-mosso.
Per quanto riguarda invece l'esposizione, dobbiamo considerare che quando scende la notte le condizioni di luce si invertono: di giorno sono le ombre a dare tridimensionalità, di notte sono le parti illuminate a emergere dalle aree più scure o buie. A questo si aggiunge il fatto che spesso sono presenti delle fonti di luce intensa all'interno dell'inquadratura.


Gli esposimetri delle nostre fotocamere, per quanto siano sofisticati, si trovano quindi a operare in condizioni di luce tali per cui vanno frequentemente in difficoltà e se si vuole ottenere un'esposizione ben bilanciata tra luci e ombre, è spesso indispensabile effettuare delle correzioni manuali.


Il mio consiglio è quello di scattare inizialmente una foto in automatico e dopo aver valutato il risultato sul display e dato un'occhiata all'istogramma risultante, spostarsi sulla regolazione manuale apportando le correzioni necessarie.
Può essere comunque utile scattare più foto della stessa scena con esposizioni diverse, dato che la fotografia notturna è uno dei casi in cui anche l'esame dell'istogramma può trarre in inganno, sopratutto se entrano nell'inquadratura luci particolarmente intense.


In una foto notturna, il divario tra le parti in luce e quelle in ombra è tale per cui le luci dei lampioni o dei faretti accesi, andranno quasi sempre a collocarsi al di fuori dalla gamma registrabile risultando bruciate, mentre la gran parte dei dei toni della foto sarà spostata verso le ombre, come possiamo vedere nell'istogramma relativo a quest'ultima immagine.
Diversamente da quanto si verifica per una foto scattata con luce calante ma con un cielo ancora abbastanza luminoso, nella quale i valori si distribuiscono in maniera più equilibrata, come ci aspettiamo di vedere per una foto esposta correttamente.


Le Interviste: Rory Piu - Rory's Bijoux


Oggi sono a Settimo San Pietro, un piccolo paesino (circa 6700 anime) a soli 12 Km. da Cagliari, e mi trovo nel laboratorio di una giovane che ama l’handmade e si dedica alla creazione di bijoux utilizzando il fimo. 


Alcuni di voi penseranno subito che sono tanti gli hobbisti che adoperano le paste polimeriche per le loro creazioni, e che in gran parte realizzano oggetti molto semplici, ma le interviste pubblicate sulla pagina di "The Creative Art" puntano sempre a farvi scoprire delle persone che, pur operando in campi molto diversi, sono comunque dotate di un particolare talento artistico, e Rory è certamente una di queste. 


D: La prima domanda è una semplice curiosità che molti avranno leggendo il nome del tuo account facebook e la denominazione della tua linea di prodotti: il tuo nome è Roberta ma preferisci farti chiamare Rory, come mai? 

R: Nasce tutto dalla serie TV “Una mamma per amica”, una delle protagoniste si chiama Rory, un nome che mi è piaciuto subito tantissimo, e quando si è trattato di aprire il blog ho sentito che quello era il nome più adatto da abbinare alla linea di bijoux che stavo realizzando. Non so spiegare esattamente il perché, ho provato diverse possibili varianti basate sul mio nome, ma alla fine Rory’s Bijoux mi è sembrato perfetto. Nelle lettere iniziali richiama il mio nome, ma è più breve, immediato e semplice, come in fondo mi sento io: una persona semplice con le sue passioni. Ho sentito questo nome talmente mio, che mi è venuto spontaneo adottarlo anche per la pagina personale.



D: Hai completato il tuo corso di studi al’IPSS Sandro Pertini prendendo il diploma di tecnico della moda e del costume, un'area in qualche modo contigua a quella che si occupa della creazione di gioielli e bijoux , quindi la tua passione risale a diversi anni fa?

R: In realtà la mia passione nasce già da piccola, come tante bambine amavo giocare con le classiche perline, e anche quando stavo da mia nonna mi bastava avere un poco di pasta bucata per ricavarne bracciali e collane.  Anche più grandicella, stavo sempre a “pasticciare” con la plastilina, il didò, e poi il das, che mia madre era solita comprarmi, e passavo delle ore a creare le mie collezioni di “gioielli”.
Un’altra passione che avevo da ragazzina era quella di disegnare vestiti e questo mi ha portato, più avanti negli anni, a seguire un corso di studi dell’IPSS espressamente orientato alla moda. Ma dopo aver preso il diploma ho realizzato che dovevo dare spazio a quella che era la mia vocazione più forte: la moda mi piaceva tantissimo, ma mai quanto la creazione di bijoux.  



D: Cosa ti ha portato a scegliere di utilizzare le paste polimeriche per realizzare le tue creazioni?

R: Come dicevo prima, mi è sempre piaciuto lavorare con le paste modellabili, materiali che grazie alla loro duttilità possono essere plasmati sino a prendere la forma di ciò che si ha in mente di realizzare. Inoltre, mi piaceva cercare di fare le cose in miniatura, più erano piccole più era grande la mia soddisfazione; da questo punto di vista , la pasta polimerica è il materiale ideale. 
Sono arrivata al Fimo per caso: mentre effettuavo una ricerca per la tesi del diploma su internet mi sono imbattuta in un lavoro che ha colpito la mia attenzione, ho subito cercato altre informazioni e i possibili punti vendita nei quali trovare il materiale, che in quel momento non era ancora così diffuso come oggi.  
Quando ho iniziato a lavorarlo è stato come tornare bambina, ma questa volta avendo la possibilità di lavorare in maniera matura e di poter crescere; il fimo offre tante possibilità, si possono realizzare lavori molto semplici così come si possono ottenere delle creazioni estremamente elaborate. La lavorabilità è eccezionale, così come la possibilità di ottenere tutta la gamma di colori e sfumature, inoltre se ben condizionato (lavorato bene con le mani sino a scaldarsi uniformemente e amalgamarsi) e cotto correttamente (temperatura corretta e costante, raffreddamento graduale) è un materiale che può durare una vita.

Le Interviste: Laura Fortuna e le vignette di "Lac".


Oggi mi trovo nei Giardini Pubblici di Cagliari e sono insieme a Laura Fortunala disegnatrice che ha inventato il personaggio di "Lac": una bambina che, pur nella semplicità del tratto che la ritrae, ha subito colpito l'attenzione delle persone riscuotendo un immediato successo. 



Nelle  vignette di Lac ciascuno può ritrovare qualcosa che gli appartiene: le difficoltà quotidiane di una vita che ci appare sempre in salita, quei momenti di sconforto e paura che qualche volta ci assalgono, ma anche la capacità di reazione che ci consente di superarli, la volontà di non rinunciare a sognare, la capacità immutata di farsi catturare dalle cose semplici come la bellezza di un cielo stellato.
Ma in questa intervista scoprirete che il talento di Laura va oltre le vignette di Lac e che la sua creatività unita alla tenacia le consentono di spaziare in tanti altri campi dell’espressione artistica.

Ciao Laura, ti ringrazio per aver accettato di fare questa intervista.

D:       Dopo un rapido esame del tuo profilo e della pagina facebook dedicata a Lac , mi sono fermato un attimo a riflettere e mi son detto: se dovessi riprendere Laura mentre è impegnata in una delle sue tante attività, come posso immaginare la scena?

Il primo pensiero è stato: seduta dietro una grande scrivania, circondata e quasi sommersa da pile di libri?;

o meglio: con una matita in mano, intenta nel compito di disegnare la prossima vignetta di Lac?;

ma anche: mentre dietro le quinte, in attesa che si apra il sipario, “indossa le vesti” del personaggio che dovrà interpretare?;

e ancora: al centro di un gruppo di persone che ascoltano affascinate una sua lezione di dizione?;

o molto più semplicemente:  nel divano di casa, con vicina la gatta Luna acciambellata, mentre suona la sua fisarmonica?.

Ma chi è davvero Laura Fortuna?


R:       Sicuramente hai colto gli aspetti più salienti, il primo punto mi rispecchia appieno: sono spesso seduta alla scrivania e la scrivania è piena di libri, ma anche di matite, penne, quadernetti, delle cose con cui disegno; altrettanto vale per il letto che, quando sono stanca, prende il posto della scrivania.


Ed è vero anche il secondo punto, mi capita spesso a fine giornata di prendere in mano la matita e iniziare a disegnare, quasi sempre in cucina, ma mi succede un po’ dove capita, può accadere anche in un momento di pausa seduta al bar.



Realizzare queste vignette mi serve per smaltire quelle piccole tensioni che a volte si accumulano durante la giornata: qualche cosa che mi ha dato fastidio o fatto arrabbiare, e a un certo punto sento il bisogno di scherzarci sopra, allora arriva Lac e mi aiuta a superare le negatività.




Il teatro poi, è un aspetto centrale della mia vita, ho iniziato sin da quando ero ragazzina e frequentavo le superiori. Anche se è da un po’ che non sto sulla scena, perché ultimamente mi sono dedicata maggiormente all’attività didattica, soprattutto tenendo corsi di lettura e dizione, inizialmente in collaborazione con associazioni culturali e da qualche anno anche in maniera autonoma. 
C’è da dire che dopo aver fatto l’attrice per circa dieci anni, ho cambiato mestiere perché sono diventata libraia e da lì ho ricevuto nuovi stimoli, ma il teatro è una parte di me e non potevo rinunciarci, e così a fine novembre debutterò con uno spettacolo creato insieme a un gruppo di allievi che ha deciso di seguirmi nelle mie "follie".

Un’altra immagine nella quale mi rispecchio, è il divano di casa con affianco la mia gatta Luna; mentre per quanto riguarda la fisarmonica purtroppo non la sto suonando così spesso, anche se, poco prima di venire qui ho provato a suonare il valzer di Amélie, e me lo ricordo ancora.



Un aspetto che mi sento di aggiungere alle cose che hai citato tu, è il mio nuovo lavoro in libreria: anche aldilà delle ore nelle quali sono presente, io non riesco a smettere totalmente di essere immersa in questo lavoro. Non so come spiegarti, è più che una passione, intanto perché sin da piccola ho sempre amato i libri e poi perché questo lavoro mi ha un poco cambiato anche come lettrice. Quando sei in libreria devi essere in grado di consigliare i libri non in base al tuo gusto personale ma a quello del cliente, questo mi ha portato a spaziare nelle mie letture, prima incentrate molto sui testi teatrali,  aprendomi un mondo di autori che non conoscevo. Mentre prima mi concentravo su un autore che mi piaceva, leggendo tutto quanto aveva scritto, adesso sento molto importante il fatto di allargare le mie competenze, anche e soprattutto nei riguardi di autori che non conosco, e pure nella mia ricerca personale, ho più fame di cose nuove. 




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