Evitare le foto mosse - 1° parte

Quando pensiamo a come si possa evitare di ottenere delle foto mosse, viene subito in mente il cavalletto o trepiedi: strumento certamente molto utile quando i tempi di scatto diventano lunghi a causa della poca luce presente. Molti lo considerano indispensabile, tanto da consigliarne l'uso anche in situazioni di luce normale e nelle quali non ci verrebbe mai in mente di utilizzarlo. La spiegazione di chi non lascia mai a casa il cavalletto, è che la maggior parte delle persone si preoccupa del mosso solo quando è particolarmente evidente, mentre trascura totalmente il "micromosso", maggior responsabile della perdita di nitidezza di molte fotografie: inutile avere una fotocamera e un obiettivo da favola se poi si rischia di non poter ingrandire le foto per la scarsa qualità dell'immagine.  Il micromosso può verificarsi anche se il fotografo pone la massima attenzione durante lo scatto, una delle maggiori cause nelle reflex è la vibrazione indotta dal ribaltamento dello specchio,  che per quanto
ammortizzato, con tempi di scatto bassi può determinare un decadimento della nitidezza; per evitare tale rischio, dopo aver montato la macchina sul cavalletto e aver deciso l'inquadratura, si dovrà  bloccare lo specchio in alto effettuando lo scatto solo successivamente. Per chi si cimenta con L'HDR, un buon cavalletto terrà la fotocamera ferma durante gli scatti multipli, agevolando il lavoro del software utilizzato per la fusione delle foto,  e consentendo una migliore definizione dell'immagine risultante.
Quali devono essere le caratteristiche di un buon cavalletto? 

Il formato RAW

Quando nel 2007 mi hanno regalato una piccola e praticissima Lumix con zoom 10x, avevo già sentito parlare dei vantaggi del formato RAW, ma sapendo che era appannaggio quasi esclusivo delle Reflex, non mi ero soffermato più di tanto ad approfondire  l'argomento. Solo dopo essermi deciso ad abbandonare l'analogico e comprare una reflex digitale Pentax, (scelta dettata principalmente dal fatto di avere già un corredo di ottiche e accessori con lo stesso attacco), ho iniziato a interessarmi davvero alla questione. Devo essere sincero, leggendo i vari articoli che illustravano le caratteristiche del RAW e il confronto con le immagini salvate in JPEG , a parte l'ovvia differenza

Obiettivi - utilizzo delle focali

Spesso vi capiterà di sentire o leggere che un obiettivo "normale" non seve a niente, o che per il paesaggio ci vuole un grandangolare e per il ritratto un teleobiettivo. In realtà ciò che serve veramente è lo strumento giusto per il soggetto che si vuole ritrarre; ogni fotografo si innamora di un certo obiettivo perchè in qualche maniera sente che risponde a quella che è la sua visione della fotografia, e i professionisti fanno le scelte ed elargiscono  consigli in base al campo fotografico nel quale svolgono la loro attività; ogniuno di noi deve valutare l'utilità di un certo obiettivo attraverso le foto che questo gli consente di ottenere, e non inseguendo le mode del momento o il mito dell'obiettivo dal prezzo impossibile. Ciononostante esistono indicazioni di

Ammajos - Il fascino dei Bonsai

Lunedì scorso vi ho parlato in un breve post della manifestazione "Ammajos", che si è tenuta il 29 e 30 maggio nell'Orto Botanico di Cagliari.  In questi giorni ho avuto il tempo di rivedere con calma  e scegliere una serie di foto che riguardano, sia i bonsai esposti nella mostra, sia alcuni momenti del seminario e della dimostrazione tecnica tenuta da Enrico Savini e dai soci del Bonsai Club Sardegna . Le sto inserendo progressivamente in un'apposita slideshow nella colonna a destra dei post; non sono foto particolarmente curate, anche perchè la presenza delle tante persone che hanno aderito all'iniziativa, mi ha obbligato a scattare velocemente e spesso senza avere lo spazio utile per  curare l'inquadratura, ma spero consentano comunque di documentare e ammirare il lavori di questo giovane gruppo di appassionati della sardegna.

Obiettivi e loro caratteristiche - 3°parte

Distanza Iperfocale: è quella distanza di messa a fuoco che consente di ottenere una profondità di campo che si estende dall'infinito alla metà della distanza stessa;  dipende dalla lunghezza focale, dal diaframma utilizzato e dal circolo di confusione, secondo la formula:

H = ( F^2 / N*C ) + F

dove H è la distanza iperfocale,  F  la focale dell'obiettivo, N il  diaframma utilizzato, C il circolo di confusione.
Quest'ultimo potrebbe essere considerato una costante pari a 0,03mm., se non fosse che alcuni  ritengono più corretto il valore di 0,026, e che se qualcuno volesse cimentarsi nel calcolo, dovrebbe considerare anche che il circolo di confusione varia in maniera proporzionale alla dimensione della pellicola o del sensore: se ad esempio utilizziamo un APS-C, che ha dimensioni inferiori al 24x36, il valore scende a 0,016mm., o nel caso della pellicola 6x6 si innalza a 0,049.
Accidenti! Non avrei voluto, ma alla fine sono stato obbligato a mettere delle formule; dovete infatti sapere che, mentre sui vecchi obiettivi trovavamo sempre incisa una scala che, per ogni diaframma riportava indicazioni che consentivano di preimpostare la distanza avendo la certezza della zona  nella quale tutto sarebbe risultato a fuoco, nella stragrande maggioranza degli obiettivi autofocus moderni i costruttori hanno pensato "bene" (ovvero male) di non metterla, ritenendola erroneamente poco utile.
 
Nel sito di Gianmaria Veronese, che tratta questo argomento in maniera approfondita, ho trovato due tabelle (per il 24x36 e l'APS-C) che potrete stampare e tenere con voi.
Nel sito DOFMaster, trovate anche una serie di calcolatori free che possono essere utili (è in lingua Inglese).

Obiettivi e loro caratteristiche - 2° parte

4) La profondità di campo:
è rappresentata dall'area che risulta essere a fuoco prima e dopo il soggetto che stiamo fotografando. Prendiamo in esame un punto luminoso posto all'infinito, avevamo affermato che sarebbe stato perfettamente a fuoco solo sul piano focale (dove è collocata la pellicola o il sensore), come mai adesso invece asseriamo che esiste un'area più estesa nella quale può essere a fuoco? La spiegazione sta nel fatto che il nostro occhio non è in grado di percepire punti più piccoli di una certa dimensione, e considera a fuoco un punto anche se in realtà è leggermente sfocato, a patto che il diametro del circolo riprodotto sul piano focale (chiamato "circolo di confusione") sia inferiore a 0,03 mm. 
E' quindi come se avessimo a disposizione una serie di piani paralleli, davanti e dietro a quello della pellicola o del sensore, nei quali il circolo di confusione che si viene a creare è  talmente piccolo, per cui il nostro occhio non è in grado di rilevare la sfocatura del soggetto riprodotto. 


Canon amplia la linea R con le nuove mirrorless APS-C R7 e R10

Si sente spesso parlare di un imminente abbandono delle fotocamere con sensori più piccoli del Full-Frame, ma i produttori, complice la cont...

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