Obiettivi e loro caratteristiche - 2° parte

4) La profondità di campo:
è rappresentata dall'area che risulta essere a fuoco prima e dopo il soggetto che stiamo fotografando. Prendiamo in esame un punto luminoso posto all'infinito, avevamo affermato che sarebbe stato perfettamente a fuoco solo sul piano focale (dove è collocata la pellicola o il sensore), come mai adesso invece asseriamo che esiste un'area più estesa nella quale può essere a fuoco? La spiegazione sta nel fatto che il nostro occhio non è in grado di percepire punti più piccoli di una certa dimensione, e considera a fuoco un punto anche se in realtà è leggermente sfocato, a patto che il diametro del circolo riprodotto sul piano focale (chiamato "circolo di confusione") sia inferiore a 0,03 mm. 
E' quindi come se avessimo a disposizione una serie di piani paralleli, davanti e dietro a quello della pellicola o del sensore, nei quali il circolo di confusione che si viene a creare è  talmente piccolo, per cui il nostro occhio non è in grado di rilevare la sfocatura del soggetto riprodotto. 


L'ampiezza del circolo di confusione e quindi la profondità di campo risultante,  dipende da tre fattori:
  •  La focale dell'obiettivo (più alta è, più diminuisce la profondità di campo)
  • Il diaframma utilizzato (più è aperto, più diminuisce la profondità di campo)
  • La distanza del soggetto fotografato (più è vicino più diminuisce la profondità di campo)

            Diaframma a f/16                                                                                        Diaframma a f/4

Avere a disposizione un'ampia profondità di campo sembra essere a  primo impatto la migliore condizione possibile per il fotografo, ma consideriamo ad esempio di dover fare un ritratto: se vogliamo che la persona sia inserita nell'ambiente in cui si trova, dobbiamo avere tutto perfettamente a fuoco; se invece vogliamo concentrare l'attenzione solo sul soggetto, lo dovremo isolare sfocando completamente lo sfondo, che in questi casi può rappresentare una fonte di disturbo. La profondità di campo quindi è un ulteriore elemento che abbiamo a disposizione per gestire la composizione della nostra fotografia.

5) Classificazine degli obiettivi a seconda della focale:
    Normale: nel tempo sono state coniate diverse definizioni di obiettivo normale, sia basate su un'ipotetico angolo di campo simile a quello dell'occhio umano, sia sulla diagonale del formato della pellicola (che per il 24x36 corrisponde a circa 43mm.), in realtà queste considerazioni hanno rappresentato solo un punto di partenza per sviluppare dei progetti, che poi hanno trovato la loro ragione d'essere nella produzione industriale di obiettivi con ampia gamma d'utilizzo, non troppo complessi, ma di qualità e luminosità elevata. Abbiamo visto così alternarsi focali cosidette normali , che per il 24x36 andavano da un minimo di 40mm sino a un massimo di 58mm., obiettivi che proprio per la loro economia associata ad un'alta qualità erano l'abbinamento ideale per l'acquisto di un corpo macchina reflex.


    Grandangolo: riferendoci sempre al 24x36, la categoria dei grandangoli parte dal 35mm. (con angolo poco più ampio di un obiettivo normale), per estendersi al 28 a al 24mm., che possiamo considerare i grandangoli standard di maggior utilizzo, per poi passare al 20 e al 18mm considerati  dei grandangoli spinti grazie a un angolo di campo che si avvicina ai 100°. 



    Menzione a parte meritano gli ultragrandangolari, denominati fisheye (occhio di pesce) obiettivi con angolo di campo da 180° in su, che a causa dell'estensione arrivano a formare sul sensore un'immagine circolare.





    Teleobiettivo: sul campo opposto rispetto ai grandangolari, hanno angoli di campo sul 24x36 che partendo dai 28° di un 80 mm. scendono progressivamente sino ad arrivare a solo qualche grado nelle lunghissime focali come il 1200mm. 
    Naturalmante le dimensioni dell'obiettivo crescono notevolmente al crescere della sua focale, tanto che spesso è necessario dotarli di una staffa  di supporto posta vicino al baricentro, che può essere fissata al cavalletto, consentendo di tenere in equilibrio il corpo macchina reflex con il teleobiettivo. 

     
    Per ovviare al notevole ingombro e migliorare la manegevolezza, a partire dai 500 mm., sono state adottate anche soluzioni ottiche particolari: mi riferisco agli obiettivi catadiottrici che utilizzano sia lenti che specchi, e che per le loro costruzione  non possono avere il diaframma e quindi lavorano sempre alla massima apertura.

    Zoom: obiettivi con estensione focale variabile più o meno estesa; grazie alla loro grande praticità, stanno progressivamente sostituendo le focali fisse, e oramai troviamo in commercio zoom grandangolari, teleobiettivi zoom, e anche zoom che vanno dal medio grandangolo sino al teleobiettivo; questi ultimi vengono normalmente abbinati al corpo macchina delle reflex digitali, consentendo di avere a disposizione una vasta gamma di focali, in grado di coprire molteplici esigenze senza obbligare a cambiare obiettivo.
    Le focali fisse vengono ancora utilizzate su obiettivi con un più alto livello di specializzazione: macrofotografia, necessità di alte luminosità e teleobiettivi di lunghissima focale. 
    Alla loro nascita, gli zoom avevano una qualità ottica e costruttiva, decisamente inferiore agli obiettivi con focale fissa, dato che dovevano utilizzare un numero di lenti molto elevato e riuscire a correggere distorsioni e aberrazioni che variavano anche notevolmente al variare della focale; oggi questo divario si è notevolmente ridotto e gli zoom di fascia alta garantiscono prestazioni eccellenti e molto vicine a quelle delle focali fisse.