Sia il fotografo professionista che quello dilettante certamente concorderanno sul fatto che una buona foto deve essere esposta correttamente, ma è importante rilevare subito che coesistono due aspetti che concorrono nel determinare quale sia la corretta esposizione per una determinata fotografia:
- Se consideriamo l'aspetto tecnico, l'esposizione corretta si ottiene quando la fotografia riproduce il massimo possibile delle informazioni contenute nella scena ritratta, e per fare questo è necessario curare che sia nelle zone più chiare che in quelle più scure, non vega perso alcun dettaglio o sfumatura di colore rilevante (vedi foto al lato di Ansel Adams).
- Se consideriamo l'aspetto creativo, dato che la fotografia è anche una forma d'arte e quindi entrano in gioco ulteriori elementi oltre la ricerca del massimo dettaglio, la corretta esposizione è anche quella che corrisponde a quanto il fotografo immaginava o voleva ottenere quando ha deciso di scattare quella foto,
- Se consideriamo l'aspetto tecnico, l'esposizione corretta si ottiene quando la fotografia riproduce il massimo possibile delle informazioni contenute nella scena ritratta, e per fare questo è necessario curare che sia nelle zone più chiare che in quelle più scure, non vega perso alcun dettaglio o sfumatura di colore rilevante (vedi foto al lato di Ansel Adams).
- Se consideriamo l'aspetto creativo, dato che la fotografia è anche una forma d'arte e quindi entrano in gioco ulteriori elementi oltre la ricerca del massimo dettaglio, la corretta esposizione è anche quella che corrisponde a quanto il fotografo immaginava o voleva ottenere quando ha deciso di scattare quella foto,
lasciando spazio al messaggio che trasmette e quindi alle sensazioni che è in grado di comunicare (vedi foto in alto a destra di Richard Lohmann).
Da questo derivano due considerazioni importanti:
1) non esiste una corretta esposizione in senso assoluto; esistono una serie di possibili esposizioni che metteranno in risalto le diverse peculiarità delle scena che si è deciso di ritrarre, e l'esposizione corretta sarà quella che asseconda i fini espressivi del fotografo.
2) è essenziale conoscere a fondo tutti gli elementi che concorrono a determinare l'esposizione, a partire dal funzionamento e dalle caratteristiche della propria attrezzatura, così da riuscire ad ottenere il massimo controllo possibile sul risultato che vogliamo ottenere.
Nei commenti inseriti sul blog, mi è arrivato l'invito a non trascurare il fatto che
chi legge può avere bisogno di alcune informazioni di base prima di affrontare parti più complesse; non me ne voglia chi conosce da tempo queste nozioni, ma affronterò l'argomento per gradi.
chi legge può avere bisogno di alcune informazioni di base prima di affrontare parti più complesse; non me ne voglia chi conosce da tempo queste nozioni, ma affronterò l'argomento per gradi.
La nostra fotocamera digitale ha un sensore che raccoglie il livello di luminosità dei singoli punti che formano l'immagine, il materiale di cui è composto ha una specifica sensibilità alla luce che viene misurata in ISO equivalenti. La dicitura "equivalenti" nasce dal fatto che si è voluta mantenere un'analogia con l'unità di misura della sensibilità utilizzata per le pellicole, scelta che consente a chi lavora sulla fotografia da tempo di mantenere un preciso legame con le esperienze maturate sull'analogico. La sensibilità di base del sensore dipende dalle specifiche di fabbricazione del singolo modello - oggi è di norma 100 ISO -, ma il debole segnale elettrico che si genera dal sensore quando viene colpito dalla luce può essere amplificato, aumentando la sensibilità a: 200, 400, 800, 1600, 3200, 6400 ISO; ad ogni raddoppio corrisponde una sensibilità doppia, dato tutt'altro che scontato visto che in passato abbiamo avuto anche unità di misura in scala logaritmica.
Purtroppo l'incremento di sensibilità comporta un progressivo decadimento della qualità dell'immagine registrata, a causa di un aumento degli errori sulla conversione del segnale luminoso in elettrico che prende il nome di "rumore digitale"; per comprendere meglio il fenomeno prendiamo in considerazione il nostro impianto stereo (anche lui ha il compito di amplificare un segnale debole), non inseriamo nessun disco o CD e aumentiamo il suo volume al massimo, sentiremo nelle casse un rumore di fondo che niente ha a che vedere con la musica, ma dipende dai componenti elettronici che compongono l'impianto. Anche se non sempre percepibile durante la riproduzione di un brano, quel rumore si sovrappone alla musica determinando un deterioramento della qualità, che sarà tanto più alto quanto il segnale è debole e/o richiede una forte amplificazione.
Da quanto detto deriva una prima regola: utilizziamo sempre la sensibilità più bassa per garantire la migliore qualità, e selezioniamo valori progressivamente più alti solo se la luminosità della scena ci costringe a farlo.
Una volta selezionata la sensibilità da utilizzare, abbiamo a disposizione due strumenti attraverso i quali regolare la quantità di luce che arriverà sul sensore determinado l'esposizione della foto: l'otturatore e il diaframma.
La luminosità in fotografia viene misurata in EV, sigla inglese di Esposition Value (valore di esposizione); maggiore è il numero di EV, maggiore sarà l'intensità luminosa che raggiunge il nostro sensore. La scala dei valori in EV è stata costruita in modo che quando la luce varia di un EV, basta spostarsi di un tempo o in alternativa di un diaframma per ottenere la giusta esposizione: se ad esempio la luce che illumina il soggetto aumenta di un EV ,dovremo modificare i valori di esposizione che avevamo stabilito, chiudendo il diaframma o utilizzando un tempo di scatto più rapido di un valore (in gergo fotografico la variazione di un EV viene chiamata "Stop").
Per ogni valore di EV esistono una serie di copie Tempo/Diaframma equivalenti tra loro, e quindi tutte capaci di darci lo stesso livello di esposizione. Nella tabella riportata in alto si vede l'esempio di un soggetto che ha una luminosità di 12 EV (in verde) e per il quale si è scelto di utilizzare il tempo di 1/60sec. e diaframma f/8, tutte le coppie tempi/diaframmi in giallo garantiranno la stessa esposizione; la scelta spetta al fotografo a seconda che abbia necessità di tempi più o meno veloci per fermare l'immagine, o diaframmi più chiusi per ottenere una maggiore profondità di campo.
Una volta selezionata la sensibilità da utilizzare, abbiamo a disposizione due strumenti attraverso i quali regolare la quantità di luce che arriverà sul sensore determinado l'esposizione della foto: l'otturatore e il diaframma.
- L'otturatore regola il tempo per il quale il sensore viene colpito dalla luce (tempo di posa o scatto); il campo di regolazione può andare da diversi secondi a qualche frazione di millesimo di secondo, ma rispettando una sequenza per la quale a ogni contrazione corrisponde un dimezzamento della luce recepita dal sensore:
1, 1/2, 1/4, 1/8, 1/15, 1/30, 1/60, 1/125, 1/250, 1/500, 1/1000, 1/2000, 1/4000 di secondo.
- Il diaframma agisce invece schermando la quantità luce che passa attraverso l'obiettivo; le sue lamelle, di norma in numero varaibile da cinque a otto, si comportano in maniera simile a quella dell'iride nei nostri occhi, riducendo progressivamente la dimensione del foro di entrata della luce. Anche per i diaframmi, la sequenza delle possibili aperture selelzionabili va a dimezzare progressivamente la quantità di luce che raggiungerà il sensore:
f/1, f/1,4, f/2, f/2,8, f/4, f/5,6, f/8, f/11, f/16, f/22, f/32, ecc.; più è grande il numero più è chiuso il diaframma, dato che il valore viene calcolato dividendo il diametro del foro per la focale dell'obiettivo.
La luminosità in fotografia viene misurata in EV, sigla inglese di Esposition Value (valore di esposizione); maggiore è il numero di EV, maggiore sarà l'intensità luminosa che raggiunge il nostro sensore. La scala dei valori in EV è stata costruita in modo che quando la luce varia di un EV, basta spostarsi di un tempo o in alternativa di un diaframma per ottenere la giusta esposizione: se ad esempio la luce che illumina il soggetto aumenta di un EV ,dovremo modificare i valori di esposizione che avevamo stabilito, chiudendo il diaframma o utilizzando un tempo di scatto più rapido di un valore (in gergo fotografico la variazione di un EV viene chiamata "Stop").
Per ogni valore di EV esistono una serie di copie Tempo/Diaframma equivalenti tra loro, e quindi tutte capaci di darci lo stesso livello di esposizione. Nella tabella riportata in alto si vede l'esempio di un soggetto che ha una luminosità di 12 EV (in verde) e per il quale si è scelto di utilizzare il tempo di 1/60sec. e diaframma f/8, tutte le coppie tempi/diaframmi in giallo garantiranno la stessa esposizione; la scelta spetta al fotografo a seconda che abbia necessità di tempi più o meno veloci per fermare l'immagine, o diaframmi più chiusi per ottenere una maggiore profondità di campo.