Kodak Retinette 1A


Mia figlia Daniela ha ricevuto in regalo una Kodak Retinette 1A, fotocamera dei primi anni 60, ennesima evoluzione della prima versione risalente al 1939 quando, sulla scia della successo ottenuto dal modello Retina, Kodak decise di proporre un prodotto adatto a un più largo pubblico. 
Daniela è una fotografa professionista da circa dieci anni, con tanto di corredo Canon dalla gloriosa 5D Mk II alla più recente 5D Mk IV - http://danielaserpi.it/ -, ha fatto tutto il suo percorso nella fotografia digitale ma quando si trova davanti una vecchia fotocamera analogica le luccicano gli occhi.


Non è raro trovare giovani che utilizzano macchine fotografiche analogiche e pellicola, per alcuni può dipendere dal fatto che il vintage è di moda, ma per coloro che amano veramente la fotografia le fotocamere analogiche d'epoca sono un elemento costitutivo e fondamentale della sua storia e quindi rappresentano un valore che è indispensabile preservare. 
A volte la scelta dell'analogico, che con il limitato numero di immagini che si possono impressionare nel singolo rullino porta a riflettere prima di scattare, è anche una sorta di reazione all'invasione delle immagini digitali che in quest'ultimo decennio, complici i cellulari, vengono sfornate nel mondo a milioni per ogni singolo minuto, perlopiù in maniera frenetica e senza un'opportuna ponderazione.
Nel caso invece di persone della mia fascia d'età il forte legame affettivo è quasi scontato: hanno visto nascere e crescere la propria passione fotografica con l'analogico, una sorta di imprinting fotografico, e solo dopo molti anni sono stati interessati e coinvolti dal percorso di evoluzione e affermazione in fotografia del sistema digitale.

Ritornando alla Retinette 1A, che come ogni macchina inutilizzata da tempo necessitava di alcune cure e verifiche prima di scendere nuovamente in campo, l'ho presa in carico e portata a casa per dargli le dovute attenzioni:

- Pulizia delle parti esterne cromate con una pezzuola inumidita con WD-40 (ripassare con scottex per eliminare ogni eventuale residuo in eccesso)

- Pulizia e reidratazione delle parti in pelle con del latte detergente (non ha importanza la marca)

- Pulizia della lente anteriore dell'obiettivo e del mirino con alcol isopropilico (o il più semplice denaturato)

Nonostante la pulizia esterna dei vetrini del mirino l'immagine risultavo fortemente appannata, quindi è stato necessario smontare la calotta ed estrarre il relativo gruppo di lenti, specchi e vetrini per pulirli singolarmente. Sopratutto le due lenti presentavano una marcata opacizzazione che ha richiesto più interventi prima di riuscire ad ottenere un discreto risultato, che pur parziale rispetto alle attese ha comunque migliorato la visibilità attraverso il mirino. 

Nello smontare la calotta ho notato che mancava una delle tre viti che la fissano al corpo macchina, ma per fortuna ne ho trovata una adatta per dimensioni e passo nelle mie scorte e ho potuto rimediare al problema.

Ho quindi aperto lo sportello per accedere al vano pellicola:

- Pulita la lente posteriore dell'obiettivo, molto sporca anche a causa di residui di vernice nera che si sono staccati dal box che la separa dal piano pellicola.

- Pulite le guide, il pressa-pellicola e i rocchetti di trascinamento.

Ora la fotocamera può considerarsi pronta per riprendere la sua attività.

L'otturatore centrale, mod. Prontor 250S non pare avere problemi: i tempi di scatto, che vanno da 1/30 a 1/250sec. + posa B sembrano a posto, l'autoscatto funziona e impiega circa 9sec. per attivare lo scatto.

L'obiettivo è un tripletto della Schneider-Kreuznach mod. Reomar da 45mm. con apertura massima f/2,8  e minima f/22.

La messa a fuoco minima è di 95cm. e nella ghiera sono riportate alcune figure che servono da riferimento a seconda che si debba scattare un ritratto, fotografare un gruppo di persone o un panorama.

Sul barilotto dell'otturatore è stata riportata una scala relativa alla profondità di campo che si ottiene a seconda del diaframma utilizzato, indicazione oltremodo utile data l'assenza di un telemetro e quindi la necessità di dover valutare ad occhio la distanza del soggetto dalla fotocamera.

Un particolare caratteristico di questa linea di fotocamere è la leva di trascinamento della pellicola e riarmo dell'otturatore, che al posto di essere posizionata come da tradizione sulla calotta è stata posizionata in basso sul fondello.
In corrispondenza si trova un piccolo pulsante che serve al rilascio della pellicola a fine rullino. Dato che quando premuto consente di riarmare l'otturatore senza far avanzare la pellicola, può essere anche usato per effettuare delle doppie esposizioni.

Sempre sul fondello troviamo l'attacco per il cavalletto e il pulsante per sbloccare l'apertura del dorso e accedere al vano pellicola.

Sulla calotta invece sono presenti due manopole: quella di sinistra ha una finestrella che mostra il conta scatti che deve essere azzerato manualmente dopo aver caricato il rullino in macchina; quella di destra ha una rotellina interna con un indice che può essere spostato per ricordare il tipo di pellicola caricata in macchina: Bianco e Nero, Colore luce naturale e Colore luce artificiale.
Quest'ultima manopola e solidale con il perno intorno al quale ruota il rullino, muovendola verso l'alto si fa spazio per inserire il rullino e abbassandola lo si blocca nell'apposito vano.
Una volta esauriti gli scatti a disposizione, ruotando la manopola nel verso indicato dalla freccia si farà rientrare l'intera pellicola nel contenitore del rullino e solo a quel punto si potrà aprire il dorso, sollevare la manopola ed estrarre il rullino dal suo vano.

Sempre nella calotta troviamo l'innesto per lo zoccolo del flash. Diversamente da quanto mostrato nel manuale non c'è il contatto caldo nello zoccolo e quindi per utilizzare il flash è indispensabile collegarlo con l'apposito cavetto al connettore PC posto frontalmente in prossimità dell'obiettivo.
L'otturatore di tipo centrale garantisce il sincronismo con il flash su tutti i tempi, mentre con le vecchie lampade va utilizzato solo 1/30 sec.

Il  mirino (che prima ho smontato) è di tipo galileiano con due lenti e un sistema a specchi che proietta in trasparenza una cornice che serve a indicare con maggiore precisione l'area che viene inquadrata effettivamente dall'obiettivo.
Risulta abbastanza veritiera se il soggetto è molto lontano, ma quando ci si avvicina molto diventa apprezzabile l'errore di parallasse, per questo motivo sono stati inseriti due ulteriori riferimenti verso l'alto della cornice che indicano lo spostamento di cui si deve tenere conto quando si lavora alla minima distanza di messa a fuoco.

Ovviamente siamo di fronte a una fotocamera totalmente manuale e quindi l'esposizione deve essere valutata attraverso un esposimetro esterno o come si usava spesso a quei tempi con la semplice "regola del 16".
(vedi post: https://ilpiaceredifotografare.blogspot.com/2010/09/lesposizione-2parte.html)