Doppia esposizione con la Fujifilm XT-20

Ogni Natale faccio sempre qualche foto alle decorazioni dell'albero, quest'anno mi è venuta l'idea di provare a fare una doppia esposizione utilizzando la piccola X-T20 entrata da poco a fare parte della famiglia.
Natale 2018


La X-T20 ha nella ghiera dei comandi presente sulla sinistra una posizione dedicata proprio alle doppie esposizioni (vedi immagine al lato).
L'idea era quella di giocare con le luci colorate che sono tra gli elementi che più caratterizzano le foto fatte agli addobbi natalizi. 

Ho pensato quindi di unire due foto scattate dalla stessa posizione: la prima totalmente sfocata nel momento in cui le lucine erano accese e la seconda a fuoco sulle palline dell'albero.



Per poter contare su un forte effetto sfocato delle luci ho montato il 50mm. Fujinon  che ha la massima apertura a f/1.4 e portato la ghiera di messa a fuoco su infinito.

Visto che la Fuji (contrariamente alla mia Canon 6D) non prevede funzioni particolari per la combinazione delle foto scattate, ho dovuto decidere come sottoesporre i due scatti, dato che andandosi a sommare avrebbero portato una complessiva sovraesposizione.

Per farlo è bastato utilizzare l'apposita ghiera di destra che consente una regolazione veloce tra più e meno 3 stop. 
Sulla foto con le forti luci sfocate ho preferito abbondare sottoesponendo di 1 e 2/3, mentre ho voluto dare maggior risalto a quella a fuoco sottoesponendo solo per 2/3 di stop. 

Dopo aver effettuato lo scatto e averlo controllato sullo schermo posteriore ho dato la conferma per poter proseguire con la seconda foto. 

La X-T20 mantiene visibile in trasparenza la prima immagine così da poter vedere come risulterà la sovrapposizione tra i due scatti. Per la seconda foto ho utilizzato un diaframma f/2.8 per ottenere un maggiore profondità di messa a fuoco.

Durante l'operazione è possibile tornare indietro e ripetere gli scatti se non si è soddisfatti del risultato e solo dando il comando finale la macchina memorizza effettivamente la foto. L'immagine viene registrata solo in JPG.

Il risultato, pur abbastanza azzeccato come esposizione generale, ha comunque richiesto un minimo di elaborazione essendo carente come contrasto e saturazione.

Le Serie Fotografiche

Mi è sempre piaciuto girare in città senza un vera meta, solo un'idea sulla direzione verso la quale incamminarsi, nessun vincolo fotografico, lasciandomi ispirare esclusivamente da quello che vedevo. Il semplice piacere di osservare con occhi diversi la città e rubarle qualche breve istante.


Ultimamente penso sempre più spesso che sia comunque importante partire da un'idea, sviluppare un progetto, fare una scelta che renda con maggiore evidenza come vedo le cose attraverso la fotografia; un punto di vista personale che al posto di chiudersi in un unico scatto, si sviluppi attraverso una serie di immagini trasformandosi in un pur breve racconto.

Lo trovo utile perché aiuta a ragionare in termini progettuali a focalizzare meglio ciò che vuoi ottenere, aiuta a mantenere uno stesso standard su più foto, ma fa anche andare oltre la ricerca della cura tecnica, fa entrare più in profondità nella conoscenza del soggetto o di un tema scelto, aiuta a restare coerente al progetto che ti eri proposto,  tutto nell'ottica di trasmettere a chi guarderà le immagini,  la tua visione e interpretazione di quel soggetto o quel tema in maniera più chiara e completa.

La prima cosa che ho compreso avvicinandomi al lavoro per serie è che nella scelta delle immagini da utilizzare è importante non scendere a compromessi. Non si deve pensare che per completare o arricchire una serie più o meno lunga, si possano inserire delle foto ritenute decisamente meno valide. La forza della serie è assolutamente vincolata alla bontà della singola foto, quindi è importante scartate senza troppe remore le foto che non convincono.

Un'altra cosa che ho capito è che riuscire a realizzare una serie eccellente non è per niente facile, è un percorso decisamente più complesso di quanto si possa pensare e ogni volta che provo a realizzarne una mi trovo di fronte a degli interrogativi ai quali non sempre so dare una risposta certa, ma proprio per questo motivo può essere un a pratica oltremodo utile e gratificante.

Inizialmente viene consigliato di fare una ricerca all'interno del proprio archivio, trovato un soggetto che interessa e può rappresentare una buona base dalla quale partire per sviluppare un'idea, quindi cercare altre foto che siano coerenti o uscire alla ricerca di altri scatti che consentano di completare una possibile serie.

Per chi come me ha accumulato decine di migliaia di foto può anche essere divertente andare a rivedere gli scatti realizzati anni prima, un po' come si fa quando si aprono le vecchie scatole di latta che contengono alla rinfusa centinaia di stampe o si tirano fuori gli album di famiglia e si sta lì per ore a ricordare e commentare.


Per riuscire a prendere un minimo di confidenza si può pensare di realizzare periodicamente un nuovo progetto, magari ponendo anche uno o più criteri restrittivi sul tipo di ripresa: stessa focale; stesso diaframma; stesso orario di scatto; solo bianco e nero; orientamento delle immagini verticale o orizzontale; ripresa dal basso o dall'alto; orizzonte in alto, in basso o inclinato; e così via, tutti aspetti che possono aiutare a rendere coerente la costruzione della futura serie.

La serie breve che vi propongo di seguito è stata realizzata scegliendo cinque immagini da una ventina di foto scattate in un'unica sessione con la Fujifilm X-T20. Sono state fatte  qualche settimana fa lungo il molo di Sant'Elmo a Cagliari, che come gran parte degli ormeggi ospita anche barche vecchie o dismesse, che nonostante le loro condizioni mantengono sempre un fascino particolare:






Cinque immagini realizzate in un contesto preciso e identificabile; coerenti con il tema scelto; rese omogenee partendo da un profilo creato sulla Nik Collection che richiama l'analogico; quattro immagini con inquadratura orizzontale e la quinta, verticale, inserita al centro della serie per spezzare il ritmo; una carrellata che partendo dall'immagine di una barca nella sua interezza, si sposta su tre immagini di dettaglio, per poi chiudere nuovamente con una inquadratura in totale.


Passato, presente e futuro.


A fine agosto ho acquistato una mirrorless della Fujifilm, la  X-T20. Nella nostra famiglia, tra me e i miei due figli, per diletto o per lavoro, abbiamo 6 reflex Canon: una APS-C e 5 FF, allora perché comprare un'altra fotocamera?

Alla sinistra la Fujica ST901 reflex analogica prodotta dal 1974  con Obiettivo Tamron 28mm. f2.5 e alla destra la Fujifilm X-T20 mirrorless digitale prodotta dal 2017 con Fujinon 50mm. f1.4 con adattatore M42-FX

  • Il primo aspetto che mi ha portato a considerare la possibilità di prendere una mirrorless è il peso che normalmente mi porto dietro quando voglio girare per la città e scattare qualche foto. 
Facciamo qualche conto: 

- corpo 5D mk2 + EF 35mm. f1.4 (o un 24-105 f4) - peso totale circa 1600gr. 
(con la vecchia ma gloriosa 7D, anche se APS-C,  siamo grosso modo alla pari; se invece optiamo per la nuova 5D mkIV dobbiamo aggiungere qualche decina di grammi; mentre per scendere di un centinaio di grammi sul peso totale possiamo scegliere di portare la 6D o una APS-C come la 80D)

- corpo Fujifilm X-T20 + Fujinon 35mm. f1.4  - peso totale 570 gr. 
(con un 23 f1.4 o il 18-55 f2.8-4 aumenta di poco più di 100g. )

In pratica con la sola fotocamera + obiettivo mi risparmio un kg di peso. Se poi voglio portarmi dietro una borsa piena di obiettivi, batterie e accessori vari (e questo vale a maggior ragione nel lavoro) le spalle e la schiena saranno profondamente grate a Fujifilm.


  • Il secondo motivo è stata la curiosità di verificare quanto una mirrorless sia differente dalle reflex nell'uso pratico e quali eventuali vantaggi possa portare oltre all'evidente riduzione di peso, sopratutto pensando a un possibile aggiornamento del parco macchine in un prossimo futuro. 
Ho letto diverse recensioni, anche di fotografi professionisti che hanno fatto il salto dalle reflex alle mirrorless e che raccontavano quanto fossero soddisfatti della scelta fatta, ma in queste cose si ha bisogno di toccare con mano prima di essere convinti a fare il possibile salto. 
Fujifilm e Sony hanno già delle macchine validissime e in questi giorni sia Nikon che Canon hanno presentato le loro prime proposte che in prospettiva si rivolgeranno anche al campo professionale. Penso che oramai sia chiaro che il futuro della fotografia digitale è sopratutto rivolto verso le mirrorless.


  • Per ultimo, la scelta è caduta sulla Fujifilm perché offre una fotocamera come la XT-20 a un prezzo competitivo pur avendo delle eccellenti caratteristiche non molto dissimili dalla X-T2... e poi c'è un fatto affettivo: la linea e i comandi in stile anni 70-80 delle reflex mi riportano all'inizio della mia passione per la fotografia.
Una volta avuto il corpo macchina si è presentata la necessità di fare una scelta sugli obiettivi da prendere. Visto che utilizzerò la x-T20 solo per divertimento mi è balenata la strana idea di acquistare per il momento solo un economico Fujinon 16-50, così da poter testare tutte le funzioni presenti nella fotocamera e poi provare a giocare mescolando vecchio e nuovo,  analogico e digitale.

Qualche tempo fa, una coppia di amici (un sentito ringraziamento a Laura e Gianni) mi ha generosamente regalato una vecchia Fujica ST901 (la vedete nella foto di apertura) in perfetto stato di conservazione e corredata del Fujinon 50mm. f1.4, un Tamron 28mm. f2.5 e un Tamron 80-210mm. f3.8-4. 
Per gli obiettivi con attacco a vite M42 si trovano facilmente in commercio gli anelli adattatori da utilizzare per l'X-mount di Fuji, così ne ho ordinato uno su Amazon.


Il prezzo di questi accessori è abbastanza basso e normalmente sono realizzati in lega di alluminio, quindi non pongono particolari problemi di precisione e robustezza. Unico aspetto, che ho riscontrato anche sugli altri adattatori in vendita, non si è tenuto conto del fatto che negli obiettivi M42 più recenti, la ghiera che comanda il diaframma deve segnalare all'esposimetro della fotocamera l'apertura che si vuole utilizzare. Per fare questo, una piccola sporgenza rettangolare presente sulla ghiera va ad incastrarsi su un perno del corpo macchina che a sua volta comanda una resistenza variabile collegata all'esposimetro.

A causa di questo, quando si avvita a fondo l'adattatore sull'obiettivo, si va a bloccare la ghiera dei diaframmi, inoltre dato che l'obiettivo resterà leggermente staccato dall'adattatore, la messa a fuoco all'infinito non sarà garantita. Questo problema non si pone con gli obiettivi più vecchi come nel caso del vecchio Helios 58mm. f2 che ha sul retro solo la filettatura M42, dato che venivano utilizzati su fotocamere con esposimetro esterno e non accoppiato.

Insieme al Fujinon 50mm. f1.4 l'alto mio obiettivo, un Helios 44-2 58mm. f2 che possiedo da oltre 40 anni.

Sull'Helios 44, progettato secondo lo schema del celeberrimo Carl Zeiss Biotar, non c'è alcun meccanismo di trasmissione del diaframma verso il corpo macchina, quindi nessun impedimento nell'avvitare sino in fondo l'obiettivo all'adattatore, si lavora totalmente in manuale usando la preselezione del diaframma. 
In pratica, si decide quale diaframma utilizzare e lo si imposta usando l'apposita ghiera posizionata anteriormente, ma esiste una seconda ghiera, subito dietro, che consente di aprire totalmente il diaframma per facilitare la messa a fuoco, prima di effettuare lo scatto si richiude il diaframma con un unico movimento al valore che si era precedentemente selezionato.

Pertanto, mentre con l'Helios e con altri obiettivi M42 di più vecchia produzione non ci sono problemi con l'adattatore, volendo utilizzare i tre obiettivi che mi avevano regalato dovevo trovare la maniera di avvitarli sino in fondo e consentire il regolare movimento dell'anello che comanda l'apertura del diaframma.

Non potevo eliminare il rinvio meccanico, altrimenti avrei perduto la possibilità di usare l'esposimetro sulla ST901 analogica, quindi l'unica soluzione era realizzare un incavo sull'adattatore all'interno del quale si potesse muovere liberamente, consentendo così di poter avvitare sino in fondo l'obiettivo e di muovere liberamente la ghiera dei diaframmi. 
Così, prese le misure necessarie per consentire la regolazione tra la massima e la minima apertura, ho  svitato con la chiave a brugola i tre fermi che tengono l'anello con la filettatura M42, in maniera da poter lavorare con la lima il bordo dell'adattatore senza rischiare di rovinarlo. Poi ho iniziato asportare con la lima l'alluminio, lavorando con molta delicatezza per fare un lavoro pulito e garantire che l'incavo avesse una profondità costante. A fine lavoro ho lavato il pezzo per pulito completamente dai residui metallici e rimontato l'anello con la filettatura.


Ecco il Fujinon 50mm. f1.4 montato sull'adattatore, mentre nella immagine in basso  potete vedere il particolare del piccolo rinvio rettangolare collegato alla ghiera di regolazione del diaframma che adesso è libero di muoversi all'interno dell'incavo realizzato.


In fine, alcuni scatti di prova fatti con i tre obiettivi analogici:

Fujinon 50mm. f1.4

Fujinon 50mm. f1.4

Tamron 80-210 f3.8-4 a 200mm.

Tamron 80-210 f3.8-4 a 180mm.

Tamron 28mm. f2.5

Tamron 28mm. f2.5

Da sottolineare che la Fuji, per facilitare la messa a fuoco in manuale, consente di utilizzare la funzione focus peak attraverso la quale i contorni ad alto contrasto nelle zone a fuoco vengono evidenziate da un colore a scelta (io ho lasciato il rosso).






FATTE COSI': Paesaggi...paesaggi e ancora paesaggi.

La formula che ho deciso di adottare per questo nuovo post della serie "FATTE COSI" dedicato alla fotografia paesaggistica, è diversa da quanto fatto in precedenza.

Al posto di mostrarvi una singola foto, entrando nei particolari relativi al luogo e alle condizioni di ripresa, alle scelte fatte e alla realizzazione dello scatto, vi mostrerò un'ampia rassegna di immagini per aprire una finestra sulle tante alternative che si hanno a disposizione quando si decide di affrontare un tema come quello del paesaggio.

L'intento non è quindi quello di parlarvi delle regole da seguire - anche se è comunque importante conoscerle - ma piuttosto di invitarvi a una riflessione, che poi è quella che mi ha guidato nella realizzazione di queste foto: la fretta di scattare può essere un limite, meglio prendersi il tempo necessario per osservare la scena e i dettagli; solo dopo aver analizzato: colori, luce, contrasto, elementi indispensabili ed elementi di disturbo, decidere la formula che vi sembra più giusta per ottenere un'immagine capace di far rivivere quell'atmosfera che ha catturato la vostra attenzione.

Ma, come mi sono ripromesso, lascio la parola alle immagini aggiungendo solo qualche breve commento.

Se poi qualcuno dei lettori volesse avere indicazioni più dettagliate su una specifica immagine, lo invito a chiedermelo scrivendomi sullo spazio dedicato ai commenti. 
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Difficilmente ci si può sottrarre a uno dei momenti più affascinanti della giornata: il sole che si abbassa e scompare dietro l'orizzonte, la luce che diventa dorata e il cielo si colora di giallo, arancio, viola sino a scivolare in un blu sempre più intenso:



Man mano che la luce scende il blu prende il sopravvento ed è in quel momento che normalmente si accendono le luci in città, dando nuova vivacità alla scena:



Al calar della notte il cielo è sempre meno interessante e sono le luci artificiali a dominare, è questo il momento di modificare l'inquadratura spostandola verso il basso per dare maggiore rilevanza ai particolari presenti nel paesaggio:



FATTE COSI': Il Flash a slitta in esterni.

Dopo aver visto un esempio di scatto realizzato attraverso l'utilizzo del flash in interni (vedi post: FATTE COSI': Flash dedicato in interni), questa volta voglio proporvi uno dei possibili impieghi del flash in esterni.


Situazione e luogo di ripresa


La foto è stata scattata durante un matrimonio che si è svolto nel giugno di quest'anno. Dopo la cerimonia in chiesa ci siamo spostati con gli sposi: Anna Maria e Alex, nella nuova passeggiata al mare che collega il molo Ichnusa alla pineta di Su Siccu a Cagliari. Siamo arrivati sul posto intorno alle 19.20 e abbiamo scattato foto per una mezzora.

- Ndr: Da qualche tempo sto dando una mano a mia figlia  (Daniela Serpi - Wedding Photography) in occasione dei servizi fotografici matrimoniali , che richiedono la presenza di almeno due fotografi se si vuole offrire un reportage completo della giornata delle nozze.

Condizioni di ripresa


Mentre per il resto della giornata imperversava il sole, in quel momento il cielo era parzialmente coperto e alcune nuvole più scure all'orizzonte facevano presagire che a breve avrebbe potuto piovere (come poi è effettivamente successo durante la prima parte del ricevimento).
La luce stava iniziando a calare e il sole era quasi completamente nascosto dalle nuvole, ma la luminosità sullo sfondo era ancora molto forte, tanto che se si scattava in controluce utilizzando la lettura valutativa gli sposi risultavano decisamente sottoesposti:


Correggendo l'esposizione di +1,66 stop si otteneva un luminosità perfetta per un ritratto a tre quarti o un primo piano degli sposi, per contro volendo puntare su un ritratto ambientato, si perdeva quasi completamente l'atmosfera dell'imminente tramonto:



Realizzazione dello scatto


Dopo aver scattato una serie di foto con la sola luce ambiente, ho deciso di provare a utilizzare il flash in schiarita: ho impostato la fotocamera in modalità Manuale e scelto come tempo di scatto 1/160 sec. (abbastanza veloce per evitare il mosso ma inferiore al tempo di sincronizzazione del flash), quindi con il flash ancora spento ho misurato l'esposizione per lo sfondo: f/11 con sensibilità ISO200





Solo a quel punto ho acceso il flash sul quale avevo montato un piccolo diffusore per ottenere una luce leggermente più morbida. Dopo aver verificato che fosse attiva la modalità TTL e che la portata del flash fosse adeguata per la distanza alla quale si trovavano gli sposi, ho scattato la foto:



Post-produzione


I principali interventi sono stati fatti sul file raw in CameraRaw:

-  sullo sfondo per esaltare i colori del tramonto: alzando i valori di Chiarezza e Vividezza

- sugli sposi incrementando di 1/3 di stop l'Esposizione e aprendo maggiormente le Ombre (l'esposizione da parte del flash si è dimostrata leggermente carente), e abbassando la Chiarezza per rendere l'immagine leggermente più soft.


FATTE COSI': Dare maggior impatto ai paesaggi in Bianco e Nero.

In questa puntata della rubrica "Fatte così" non parlerò esclusivamente di una particolare condizione di ripresa, ma anche della fase successiva di post-produzione attraverso ACR (Adobe Camera Raw) e Photoshop.
Più precisamente cercherò di esporre alcune procedure e  indicazioni che possono essere utili per dare maggiore impatto a un paesaggio nel caso in cui vogliate proporlo nella versione in Bianco e Nero.

Luogo di ripresa

Lo scatto è stato realizzato nel Parco di Terramaini a Cagliari, uno spazio verde di circa 8 ettari ideale per passeggiare, fare jogging o ginnastica e dotato di aree giochi per i bambini. In corrispondenza del primo ingresso si trova un lungo ponte in legno che come un serpentone costeggia il piccolo stagno dove si possono trovare Fenicotteri, Cavalieri d'Italia, Gallinelle d'acqua, ecc.

Condizioni di ripresa

Il tempo stava peggiorando e sopra il parco il cielo si era incupito, da poco aveva iniziato a piovere quando ho notato la coppia che si avvicinava velocemente dopo aver aperto l'ombrello. Il primo pensiero mentre scattavo, è stato quello di sfruttare il contrasto cromatico tra i colori della scena, abbastanza spenti a causa del cielo molto nuvoloso, e il rosso acceso del piccolo ombrello, ma subito dopo ho deciso che il motivo principale dello scatto era l'atmosfera di quel momento, e che l'avrei resa al meglio convertendo l'immagine in monocromatico. 

Parametri di scatto 

Focale utilizzata: 20mm.; Tempo di scatto: 1/50sec.; Diaframma: f/13, per avere una buona profondità di campo (nella pratica: grazie anche alla focale utilizzata, tutto a fuoco da circa 1mt sino a infinito); Sensibilità 200ISO.

Il tempo di scatto è più basso di quanto normalmente utilizzerei: sarebbe bastato mettere a fuoco all'inizio del ponte e avrei potuto contare sulla stessa profondità di campo anche utilizzando f/11, aspetto che mi avrebbe permesso di abbreviare il tempo a 1/80sec., ma dato che ho visualizzato la scena all'ultimo momento e la coppia stava accelerando il passo, non ho voluto perdere tempo a cambiare le impostazioni e ho scattato al volo facendo attenzione a tenere ben salda la fotocamera al momento della pressione sul pulsante di scatto.


Photoshop consente la conversione monocromatica della foto in maniera molto semplice selezionando nel menù l'opzione "Immagine/Regolazioni/Bianco e nero"

La finestra che si apre contiene una serie di cursori che consentono di regolare la gradazione di grigio che corrisponderà ai colori primari e secondari presenti nell'immagine.


FATTE COSI': Flash dedicato in interni.

Lo scatto di cui voglio parlarvi questa settimana fa parte di un gruppo di foto che sono state realizzate durante una festa di compleanno il mese scorso. La bambina ritratta è la sorellina del festeggiato.

Situazione e luogo di ripresa
La foto è stata scattata intorno alle 20.00 all'interno della stanzetta nelle quale i bambini stavano giocando insieme ad altri piccoli amici, muovendosi animatamente, buttandosi per terra e saltando da un letto all'altro.
Una situazione che richiedeva tempi di scatto veloci per riuscire a evitare il mosso e grande rapidità nel cogliere l'attimo in cui, per una frazione di secondo, si poteva avere l'opportunità di portare a casa un buon ritratto.

Condizioni di ripresa
L'ambiente era illuminato da una lampada fluorescente a basso consumo e parzialmente dalla luce che ancora filtrava da una portafinestra nonostante il sole oramai basso sull'orizzonte.

Se mettiamo insieme la bassa luminosità ambientale e la necessità di bloccare dei soggetti che difficilmente staranno in posa per più di una frazione di secondo, siamo di fronte alla classica condizione di ripresa nella quale viene istintivo pensare che sia indispensabile fare ricorso all'aiuto del flash.

Un buon numero di fotocamere reflex sono dotate di un flash integrato posizionato sopra il pentaprisma, che si apre e attiva premendo il pulsante contraddistinto dalla classica icona a "saetta" presente al lato del corpo macchina (vedi immagine in alto).

Se in qualche occasione avete provato ad utilizzare il flash integrato della vostra fotocamera, vi sarete subito resi conto che è poco potente (NG "numero guida" 12-13) e sopratutto che la luce prodotta è estremamente dura. La motivazione risiede nel fatto che la fonte di emissione della luce è estremamente piccola (immagine a sinistra) rispetto alla dimensione del soggetto che deve illuminare.
Se state fotografando all'interno di una stanza, nei muri alle spalle del soggetto si genereranno ombre molto scure; se siete in un ambiente particolarmente ampio, per esempio una chiesa, tutto ciò che è dietro il soggetto sarà immerso nel buio.
Inoltre, capiterà molto facilmente che si verifichi il problema degli occhi rossi, perché il flash è subito sopra l'obiettivo, quasi in asse con gli occhi del soggetto, e il lampo diretto riesce ad illuminare il fondo della retina.
A causa di questi limiti, buona parte degli appassionati di fotografia ricorrono al flash integrato esclusivamente nel caso in cui si trovino nella condizione di non avere altre alternative.

E' possibile ottenere dei risultati decisamente migliori se al posto del piccolo flash integrato si utilizza un'unità flash esterna dedicata.
I principali vantaggi con un flash esterno sono:

- una potenza decisamente maggiore, con un Numero Guida da 3  a 5 volte più alto del flash integrato;

-  la testa del flash orientabile in tutte le direzioni (vedremo più avanti la sua utilità);


- una parabola che si posiziona a un'altezza almeno doppia rispetto a quella dell'integrato (di massima sufficiente per evitare gli occhi rossi).

L'errore però che alcuni commettono è quello di utilizzare il flash esterno nella stessa maniera di quello integrato, ovvero sparando il lampo dritto in faccia al soggetto.

Nonostante la superficie di emissione dei flash dedicati sia sicuramente maggiore (5-7 volte rispetto a quello integrato), è ancora abbastanza piccola rispetto alle dimensioni del soggetto, quindi la luce emessa sarà comunque dura e le ombre saranno ancora molto evidenti. Inoltre il soggetto fotografato sarà infastidito a ogni scatto dalla forte di luce del lampo che lo investe frontalmente  all'altezza degli occhi accecandolo (immagine al lato).

La soluzione è quella di sollevare la parabola verso l'alto per indirizzare la luce sul soffitto e/o girarla lateralmente verso una parete, così che venga diffusa in tutte le direzioni diventando molto più morbida e nettamente meno fastidiosa per le persone che vengono riprese.
(confronta l'immagine a sinistra con quella precedente dove il flash era frontale).

Un ulteriore aiuto viene dal pannellino bianco estraibile che indirizza una piccola quantità di luce in avanti, utile per schiarire parzialmente le ombre sotto occhi, naso e mento, e creare un punto di luce nell'iride.

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