FATTE COSI': Paesaggi...paesaggi e ancora paesaggi.

La formula che ho deciso di adottare per questo nuovo post della serie "FATTE COSI" dedicato alla fotografia paesaggistica, è diversa da quanto fatto in precedenza.

Al posto di mostrarvi una singola foto, entrando nei particolari relativi al luogo e alle condizioni di ripresa, alle scelte fatte e alla realizzazione dello scatto, vi mostrerò un'ampia rassegna di immagini per aprire una finestra sulle tante alternative che si hanno a disposizione quando si decide di affrontare un tema come quello del paesaggio.

L'intento non è quindi quello di parlarvi delle regole da seguire - anche se è comunque importante conoscerle - ma piuttosto di invitarvi a una riflessione, che poi è quella che mi ha guidato nella realizzazione di queste foto: la fretta di scattare può essere un limite, meglio prendersi il tempo necessario per osservare la scena e i dettagli; solo dopo aver analizzato: colori, luce, contrasto, elementi indispensabili ed elementi di disturbo, decidere la formula che vi sembra più giusta per ottenere un'immagine capace di far rivivere quell'atmosfera che ha catturato la vostra attenzione.

Ma, come mi sono ripromesso, lascio la parola alle immagini aggiungendo solo qualche breve commento.

Se poi qualcuno dei lettori volesse avere indicazioni più dettagliate su una specifica immagine, lo invito a chiedermelo scrivendomi sullo spazio dedicato ai commenti. 
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Difficilmente ci si può sottrarre a uno dei momenti più affascinanti della giornata: il sole che si abbassa e scompare dietro l'orizzonte, la luce che diventa dorata e il cielo si colora di giallo, arancio, viola sino a scivolare in un blu sempre più intenso:



Man mano che la luce scende il blu prende il sopravvento ed è in quel momento che normalmente si accendono le luci in città, dando nuova vivacità alla scena:



Al calar della notte il cielo è sempre meno interessante e sono le luci artificiali a dominare, è questo il momento di modificare l'inquadratura spostandola verso il basso per dare maggiore rilevanza ai particolari presenti nel paesaggio:



FATTE COSI': Il Flash a slitta in esterni.

Dopo aver visto un esempio di scatto realizzato attraverso l'utilizzo del flash in interni (vedi post: FATTE COSI': Flash dedicato in interni), questa volta voglio proporvi uno dei possibili impieghi del flash in esterni.


Situazione e luogo di ripresa


La foto è stata scattata durante un matrimonio che si è svolto nel giugno di quest'anno. Dopo la cerimonia in chiesa ci siamo spostati con gli sposi: Anna Maria e Alex, nella nuova passeggiata al mare che collega il molo Ichnusa alla pineta di Su Siccu a Cagliari. Siamo arrivati sul posto intorno alle 19.20 e abbiamo scattato foto per una mezzora.

- Ndr: Da qualche tempo sto dando una mano a mia figlia  (Daniela Serpi - Wedding Photography) in occasione dei servizi fotografici matrimoniali , che richiedono la presenza di almeno due fotografi se si vuole offrire un reportage completo della giornata delle nozze.

Condizioni di ripresa


Mentre per il resto della giornata imperversava il sole, in quel momento il cielo era parzialmente coperto e alcune nuvole più scure all'orizzonte facevano presagire che a breve avrebbe potuto piovere (come poi è effettivamente successo durante la prima parte del ricevimento).
La luce stava iniziando a calare e il sole era quasi completamente nascosto dalle nuvole, ma la luminosità sullo sfondo era ancora molto forte, tanto che se si scattava in controluce utilizzando la lettura valutativa gli sposi risultavano decisamente sottoesposti:


Correggendo l'esposizione di +1,66 stop si otteneva un luminosità perfetta per un ritratto a tre quarti o un primo piano degli sposi, per contro volendo puntare su un ritratto ambientato, si perdeva quasi completamente l'atmosfera dell'imminente tramonto:



Realizzazione dello scatto


Dopo aver scattato una serie di foto con la sola luce ambiente, ho deciso di provare a utilizzare il flash in schiarita: ho impostato la fotocamera in modalità Manuale e scelto come tempo di scatto 1/160 sec. (abbastanza veloce per evitare il mosso ma inferiore al tempo di sincronizzazione del flash), quindi con il flash ancora spento ho misurato l'esposizione per lo sfondo: f/11 con sensibilità ISO200





Solo a quel punto ho acceso il flash sul quale avevo montato un piccolo diffusore per ottenere una luce leggermente più morbida. Dopo aver verificato che fosse attiva la modalità TTL e che la portata del flash fosse adeguata per la distanza alla quale si trovavano gli sposi, ho scattato la foto:



Post-produzione


I principali interventi sono stati fatti sul file raw in CameraRaw:

-  sullo sfondo per esaltare i colori del tramonto: alzando i valori di Chiarezza e Vividezza

- sugli sposi incrementando di 1/3 di stop l'Esposizione e aprendo maggiormente le Ombre (l'esposizione da parte del flash si è dimostrata leggermente carente), e abbassando la Chiarezza per rendere l'immagine leggermente più soft.


FATTE COSI': Dare maggior impatto ai paesaggi in Bianco e Nero.

In questa puntata della rubrica "Fatte così" non parlerò esclusivamente di una particolare condizione di ripresa, ma anche della fase successiva di post-produzione attraverso ACR (Adobe Camera Raw) e Photoshop.
Più precisamente cercherò di esporre alcune procedure e  indicazioni che possono essere utili per dare maggiore impatto a un paesaggio nel caso in cui vogliate proporlo nella versione in Bianco e Nero.

Luogo di ripresa

Lo scatto è stato realizzato nel Parco di Terramaini a Cagliari, uno spazio verde di circa 8 ettari ideale per passeggiare, fare jogging o ginnastica e dotato di aree giochi per i bambini. In corrispondenza del primo ingresso si trova un lungo ponte in legno che come un serpentone costeggia il piccolo stagno dove si possono trovare Fenicotteri, Cavalieri d'Italia, Gallinelle d'acqua, ecc.

Condizioni di ripresa

Il tempo stava peggiorando e sopra il parco il cielo si era incupito, da poco aveva iniziato a piovere quando ho notato la coppia che si avvicinava velocemente dopo aver aperto l'ombrello. Il primo pensiero mentre scattavo, è stato quello di sfruttare il contrasto cromatico tra i colori della scena, abbastanza spenti a causa del cielo molto nuvoloso, e il rosso acceso del piccolo ombrello, ma subito dopo ho deciso che il motivo principale dello scatto era l'atmosfera di quel momento, e che l'avrei resa al meglio convertendo l'immagine in monocromatico. 

Parametri di scatto 

Focale utilizzata: 20mm.; Tempo di scatto: 1/50sec.; Diaframma: f/13, per avere una buona profondità di campo (nella pratica: grazie anche alla focale utilizzata, tutto a fuoco da circa 1mt sino a infinito); Sensibilità 200ISO.

Il tempo di scatto è più basso di quanto normalmente utilizzerei: sarebbe bastato mettere a fuoco all'inizio del ponte e avrei potuto contare sulla stessa profondità di campo anche utilizzando f/11, aspetto che mi avrebbe permesso di abbreviare il tempo a 1/80sec., ma dato che ho visualizzato la scena all'ultimo momento e la coppia stava accelerando il passo, non ho voluto perdere tempo a cambiare le impostazioni e ho scattato al volo facendo attenzione a tenere ben salda la fotocamera al momento della pressione sul pulsante di scatto.


Photoshop consente la conversione monocromatica della foto in maniera molto semplice selezionando nel menù l'opzione "Immagine/Regolazioni/Bianco e nero"

La finestra che si apre contiene una serie di cursori che consentono di regolare la gradazione di grigio che corrisponderà ai colori primari e secondari presenti nell'immagine.


FATTE COSI': Flash dedicato in interni.

Lo scatto di cui voglio parlarvi questa settimana fa parte di un gruppo di foto che sono state realizzate durante una festa di compleanno il mese scorso. La bambina ritratta è la sorellina del festeggiato.

Situazione e luogo di ripresa
La foto è stata scattata intorno alle 20.00 all'interno della stanzetta nelle quale i bambini stavano giocando insieme ad altri piccoli amici, muovendosi animatamente, buttandosi per terra e saltando da un letto all'altro.
Una situazione che richiedeva tempi di scatto veloci per riuscire a evitare il mosso e grande rapidità nel cogliere l'attimo in cui, per una frazione di secondo, si poteva avere l'opportunità di portare a casa un buon ritratto.

Condizioni di ripresa
L'ambiente era illuminato da una lampada fluorescente a basso consumo e parzialmente dalla luce che ancora filtrava da una portafinestra nonostante il sole oramai basso sull'orizzonte.

Se mettiamo insieme la bassa luminosità ambientale e la necessità di bloccare dei soggetti che difficilmente staranno in posa per più di una frazione di secondo, siamo di fronte alla classica condizione di ripresa nella quale viene istintivo pensare che sia indispensabile fare ricorso all'aiuto del flash.

Un buon numero di fotocamere reflex sono dotate di un flash integrato posizionato sopra il pentaprisma, che si apre e attiva premendo il pulsante contraddistinto dalla classica icona a "saetta" presente al lato del corpo macchina (vedi immagine in alto).

Se in qualche occasione avete provato ad utilizzare il flash integrato della vostra fotocamera, vi sarete subito resi conto che è poco potente (NG "numero guida" 12-13) e sopratutto che la luce prodotta è estremamente dura. La motivazione risiede nel fatto che la fonte di emissione della luce è estremamente piccola (immagine a sinistra) rispetto alla dimensione del soggetto che deve illuminare.
Se state fotografando all'interno di una stanza, nei muri alle spalle del soggetto si genereranno ombre molto scure; se siete in un ambiente particolarmente ampio, per esempio una chiesa, tutto ciò che è dietro il soggetto sarà immerso nel buio.
Inoltre, capiterà molto facilmente che si verifichi il problema degli occhi rossi, perché il flash è subito sopra l'obiettivo, quasi in asse con gli occhi del soggetto, e il lampo diretto riesce ad illuminare il fondo della retina.
A causa di questi limiti, buona parte degli appassionati di fotografia ricorrono al flash integrato esclusivamente nel caso in cui si trovino nella condizione di non avere altre alternative.

E' possibile ottenere dei risultati decisamente migliori se al posto del piccolo flash integrato si utilizza un'unità flash esterna dedicata.
I principali vantaggi con un flash esterno sono:

- una potenza decisamente maggiore, con un Numero Guida da 3  a 5 volte più alto del flash integrato;

-  la testa del flash orientabile in tutte le direzioni (vedremo più avanti la sua utilità);


- una parabola che si posiziona a un'altezza almeno doppia rispetto a quella dell'integrato (di massima sufficiente per evitare gli occhi rossi).

L'errore però che alcuni commettono è quello di utilizzare il flash esterno nella stessa maniera di quello integrato, ovvero sparando il lampo dritto in faccia al soggetto.

Nonostante la superficie di emissione dei flash dedicati sia sicuramente maggiore (5-7 volte rispetto a quello integrato), è ancora abbastanza piccola rispetto alle dimensioni del soggetto, quindi la luce emessa sarà comunque dura e le ombre saranno ancora molto evidenti. Inoltre il soggetto fotografato sarà infastidito a ogni scatto dalla forte di luce del lampo che lo investe frontalmente  all'altezza degli occhi accecandolo (immagine al lato).

La soluzione è quella di sollevare la parabola verso l'alto per indirizzare la luce sul soffitto e/o girarla lateralmente verso una parete, così che venga diffusa in tutte le direzioni diventando molto più morbida e nettamente meno fastidiosa per le persone che vengono riprese.
(confronta l'immagine a sinistra con quella precedente dove il flash era frontale).

Un ulteriore aiuto viene dal pannellino bianco estraibile che indirizza una piccola quantità di luce in avanti, utile per schiarire parzialmente le ombre sotto occhi, naso e mento, e creare un punto di luce nell'iride.

FATTE COSI': Il Panning per trasmettere il movimento.

La foto che vi propongo oggi è stata realizzata durante una prova di Triathlon che si è svolta la scorsa settimana a Cagliari. 

Durante la frazione in bicicletta, mi sono spostato più volte lungo i percorso, sino a fermarmi nella lunga discesa di Viale Regina Margherita con l'intento di riprendere gli atleti nel tratto più veloce di gara.

- Situazione e luogo di ripresa

Uno dei primi scatti che ho realizzato mostra i concorrenti che hanno iniziato ad affrontare la discesa, un'immagine soddisfacente perché grazie all'inclinazione delle biciclette in primo piano che stanno impostando la curva verso destra e la grinta dell'atleta in testa, riesce in qualche modo a trasmettere la sensazione di competizione tra i ciclisti.


Lo scatto che segue riprende invece un atleta che alla fine della curva affronta il lungo tratto in discesa dove la pendenza è massima. Ho deciso subito che questa immagine non mi piaceva per niente, dato che non riesce a trasmettere la sensazione di movimento della bicicletta che era lanciata a forte velocità. 



- Condizioni di ripresa

La giornata è nuvolosa e per bloccare i ciclisti sto utilizzando 1/800 sec. a 640 ISO, una regolazione che mi consente di tenere il diaframma a f8, un’apertura che con il mio obiettivo 70-300mm. mi da un margine di sicurezza sulla messa a fuoco pur distaccando i ciclisti in primo piano da quelli che seguono.
Volendo congelare l'immagine dei concorrenti nel punto più veloce, avrei dovuto incrementare leggermente la sensibilità per portare i tempi  a 1/1000- 1/1250 sec., ma il mio intento era quello di riuscire a rendere visibile la velocità con la quale scendevano gli atleti, e per farlo dovevo utilizzare la tecnica del panning


- Realizzazione dello scatto

Ho portato la sensibilità a 200 ISO, impostando la fotocamera a priorità di tempi e provando a utilizzare 1/160 sec.: un tempo di scatto che può sembrare ancora abbastanza rapido, ma ho tenuto conto che la velocità con cui affrontavano la discesa i ciclisti era decisamente elevata.

La scelta del tempo di scatto da utilizzare dipende principalmente dalla velocità del soggetto e dalla sua distanza dalla fotocamera, orientativamente si può iniziare da un tempo che sia 6-8 volte più lungo di quello necessario per bloccare il soggetto (se serviva 1/1000 sec. si proverà a partire da 1/160 a 1/125 sec., per poi allungare progressivamente i tempi se il risultato non soddisfa).

Basandomi sul comportamento degli atleti, ho messo a fuoco nel punto della strada che normalmente veniva scelto da tutti  per affrontare la discesa, quindi ho spostato il selettore della messa a fuoco su “Manuale”.

La focale utilizzata era vicina ai 200mm., per stringere maggiormente l'inquadratura rispetto alla foto precedente, ma che lasciava comunque un discreto spazio attorno al ciclista, così da garantirmi un qualche margine d'errore.

Come il ciclista ha affrontato la curva ho iniziato a inquadrarlo nel mirino, per poi ruotare busto e bacino seguendolo nel suo movimento, quando si è trovato alla mia altezza ho scattato la foto.


- Immagine finale


Se non si ha certezza del punto in cui transiterà il soggetto si può utilizzare la messa a fuoco automatica impostata su punto singolo e in modalità continua (su Canon: AI Servo per soggetti in movimento), avendo l’accortezza di disabilitare lo stabilizzatore che, per gran parte degli obiettivi, finirebbe col contrastare l’azione d'inseguimento del soggetto.

Non è detto che il risultato sia soddisfacente già dal primo tentativo, bisogna infatti prendere dimestichezza con il movimento necessario per seguire il soggetto, che deve essere il più possibile fluido e proseguire per un attimo anche dopo che si è sollevato il dito dal pulsante di scatto.
Per aumentare le possibilità di ottenere un'immagine valida, si può impostare lo scatto continuo, ma se non si è fatta abbastanza pratica nel seguire il soggetto in movimento, non basta per ottenere dei risultati certi.


- Post-produzione

La prima operazione è stata quella di ritagliare l'immagine (avevo optato per un'inquadratura un po più ampia che adesso torna utile),  per eliminare l'albero che rappresenta un elemento di disturbo e correggere l'inclinazione.

Per sottolineare maggiormente il soggetto rispetto allo sfondo in movimento ho utilizzato il “Pennello di regolazione” di CameraRaw incrementando leggermente la chiarezza e la nitidezza su atleta e bici, escludendo le ruote che contribuiscono con il loro mosso a dare la giusta sensazione di velocità.


Vi ricordo che cliccando sulle foto con il tasto sinistro del mouse le potete guardare con una risoluzione maggiore.

Condividere le proprie esperienze.

Ogni volta che affronto un nuovo tema, non posso fare a meno di cercare il maggior numero di informazioni possibili: sempre più spesso su internet, ma se mi è possibile sopratutto su libri e riviste. 

Uno dei fotografi che mi ha attirato sin dalle prime letture, per la sua maniera scanzonata di affrontare la materia e l'approccio marcatamente improntato alla pratica, è Scott Kelby.

Nei suoi primi quattro libri dedicati alla fotografia digitale, ha sempre inserito come ultimo capitolo quelle che lui chiama "Ricette fotografiche" ovvero "semplici ingredienti per ottenere il risultato", nelle quali mostra un'immagine e spiega come l'ha ottenuta. 
Questa formula è piaciuta così tanto che il quinto libro della serie è stato realizzato interamente così.

Nessuna pretesa da parte mia di proporre delle "ricette per realizzare in breve tempo scatti da professionista" come Kelby, che oltre a essere un rinomato fotografo di fama internazionale è anche campione mondiale di vendite e autore pluripremiato per i suoi testi sulla fotografia, ma dato che cercavo da tempo qualche argomento da inserire su questo blog, ultimamente trascurato, ho pensato di provare a proporvi periodicamente uno dei miei scatti, spiegando in due paginette come l'ho ottenuto. 
Insomma una maniera semplice per continuare a condividere con voi le mie esperienze in campo fotografico. 
Non utilizzerò il termine ricette per evitare che qualcuno possa essere indotto a pensare che voglia davvero provare a emulare Scott (vedi...lo chiamo già per nome), ma davanti a ogni titolo del post che illustra una foto troverete la dicitura "FATTE COSI'"

A prestissimo.


Nuovo Blog per le interviste di "The Creative Art"

A partire dal quest'anno le interviste realizzate per la mia pagina facebook: "The Creative Art" che si occupa di promuovere artisti, creativi e piccoli artigiani che operano in Sardegna, saranno pubblicate nel nuovo blog 

"The Creative Art - Cagliari".



Le interviste realizzate nel 2015 e pubblicate su questo blog, sono presenti in copia anche su "The Creative Art - Cagliari".

Vi invito a visitare il nuovo blog e a commentare i post per farmi avere un vostro giudizio sulla realizzazione delle interviste, sugli artisti e le loro opere. Grazie.



Buon 2016.

AUGURI per il Nuovo Anno, accompagnato da un sentito grazie a tutti i lettori del blog. 


Le interviste: Marty, Marta Floris - Il Baule del Gatto.


Per questa intervista sono andato a Gonnosfanadiga, un paese della provincia del Medio Campidano alle pendici orientali del monte Linas. Gonnosfanadiga e anche conosciuta come “La città dell’olio d’oliva”, perché nel suo territorio si produce e vende uno dei migliori olii prodotti in Sardegna. 
Mi trovo nella casa di Marta Floris, un’antica casa campidanese con un grande portale in legno e un ampio cortile, nella quale abita da poco tempo e che sta pazientemente ristrutturando. Ci siamo accomodati all’interno di un loggiato che si apre su dei locali originariamente utilizzati come magazzini e che oggi funge da laboratorio del “Il Baule del Gatto”:

D: Ciao Marty, ricordo che diversi anni fa, quando per la prima volta mi parlarono di una ragazza che creava oggetti che si discostavano nettamente da quanto si vedeva normalmente circolare nei mercatini, fui colpito dall’originalità del nome che aveva dato al suo laboratorio: “Il Baule del Gatto”, mi racconti come e perché hai scelto questo nome?

R: Quando si è trattato di realizzare il sito per esporre i miei lavori volevo assolutamente trovare un nome originale. Sono una persona alla quale piacciono le cose particolari: sono appassionata di oggetti antichi come quelli che si possono trovare nelle scatole o nei bauli delle vecchie soffitte; dato poi che, come è risaputo, mi piacciono tantissimo i gatti - amo il mio gatto da morire – mi è venuta in mente l’immagine di un gatto sopra un baule in soffitta, è nato così il nome “Il Baule del Gatto”. E’ un nome simpatico, che tra l'altro richiama la sorpresa di chi apre un vecchio baule polveroso scoprendo che al suo interno si trovano tante cose diverse, come le mie creazioni che spaziano in tanti campi differenti; un nome che sin dal primo momento è stato gradito molto anche dalle persone che si avvicinavano incuriosite al mio banchetto.



D: Dopo aver preso il diploma nel Liceo Artistico di Cagliari, la tua passione per l’arte ti ha portata ad allargare i tuoi orizzonti andando oltre il disegno e la pittura, e ti sei dedicata alla creazione di bijoux, gioielli in argento e pietre preziose, borsine, pochette, portamonete, scatole in legno e vetro dipinte a mano, capi d’abbigliamento decorati con i tuoi disegni, quale di queste attività ami di più e ti da maggiori soddisfazioni?

R: La cosa che in assoluto mi da maggiore soddisfazione è lavorare i metalli, ha preso il posto anche del disegno che era la mia vocazione; l’idea che avevo all’inizio era quella di diventare una disegnatrice di fumetti, un’illustratrice. Poi, mi è capitato di entrare a lavorare nel “Teatro delle mani” come scenografa, in quel contesto ho realizzato tante altre cose, dato che mi veniva chiesto di costruire i burattini e diversi oggetti di scena.  Così ho imparato a utilizzare materiali di vario tipo e quando è stato necessario realizzare una corona per il re ho cominciato a prendere confidenza anche con la lavorazione dei metalli, da quel momento è nata e cresciuta nel tempo una vera e propria passione. Tutto ciò che faccio mi piace comunque moltissimo: lavorare con la stoffa, dipingere, però... lavorare i metalli e in particolare l’argento è una sfida che mi entusiasma.



D: Quando parli della lavorazione di metalli quindi ti riferisci prevalentemente all’argento?

R: Si, perché è possibile ottenere degli effetti che con altri metalli non si ottengono, ho abbandonato da tempo gli altri fili da bigiotteria, e per la realizzazione di gioielli uso quasi esclusivamente l’argento. 



Lavoro anche il bronzo e l’ottone, due metalli che mi piacciono e che ritengo particolarmente funzionali nella realizzazione di un altro tipo di creazioni: per esempio se lavoro a un’agenda, un cappello, una borsina o una pochette, alcune decorazioni possono essere realizzate in bronzo oppure in ottone.





D: Ogni tu creazione evidenzia una particolare passione per l’antico, il misterioso, il magico, attraverso uno stile medievale, gotico, ma anche vittoriano, steampunk.

R: Sono appassionata di cose antiche, mi piace tutto ciò che è antico, non solo gli oggetti ma anche le case, come questa in cui vivo ora e che adoro. Penso di essere una delle poche persone che si fermano ad ammirare i fregi dei vecchi palazzi, soprattutto se si tratta di art-nouveau, che mi fa letteralmente uscire di testa.  Inoltre mi ha sempre attirato l’aspetto gotico del periodo vittoriano, i vampiri, e poi il soprannaturale, i fantasmi o le case con “presenze”. Sin da bambina poi, amo il fantasy: la storia infinita, labyrinth, ecc.; quando andavo per boschi con i miei genitori a cercare funghi,  la mia mente si perdeva in quel luogo misterioso e restavo in attesa di vedere da un momento all’altro apparire una fata o un folletto. Ho sempre vissuto in un mondo tutto mio, tra l’antico e il fantasy, è il mio modo di essere, un’espressione di me; io stessa mi sento “antica”, fuori tempo, e poi di carattere sono un po’ streghetta, quindi…





D: Ma è un mondo in cui credi o semplicemente che ti attira, ti solletica?

Fotografare quando c'è poca luce e scende la notte - 2°parte: Utilizzare il Treppiede.


Quando la scena che vogliamo riprendere è statica, abbiamo la fortuna di poter studiare con calma l'inquadratura che più ci piace e decidere quali siano le regolazioni che si adattano meglio al risultato che ci siamo preposti di ottenere.
In questo caso la scelta migliore che possiamo fare e che ci consentirà di avere il massimo delle possibilità a nostra disposizione, è quella di poter fare affidamento su un supporto in grado di assicurare stabilità al nostro apparecchio fotografico.

Fotografare utilizzando un treppiede: 

i vantaggi che derivano da questa scelta sono notevoli, primo fra tutti il fatto di mettere da parte le preoccupazioni derivanti dall'allungamento dei tempi di scatto, aspetto che tra le altre cose consentirà di utilizzare:
  • diaframmi intermedi per ottenere una resa migliore da parte dell'ottica e una profondità di campo più ampia; ma se la situazione dovesse richiedere che sia tutto a fuoco, a partire da un soggetto in primo piano sino allo sfondo, non si avrà nessuna difficoltà a chiudere ulteriormente il diaframma sino ad arrivare a valori di f/11 - f/16, e se indispensabile spingersi fino a f/22 (normalmente poco utilizzato a causa degli effetti negativi sulla nitidezza dovuti alla diffrazione).
  • una sensibilità bassa, a tutto vantaggio della qualità dell'immagine, che presenterà un rumore contenuto, una gamma tonale più ampia e la migliore riproduzione dei colori di cui è capace la nostra fotocamera.

Focale 28mm. con f/13 e 8sec. a 100 ISO
Ma anche utilizzando un treppiede, non bisogna fare l'errore di sentirsi eccessivamente sicuri di avere eliminato così ogni possibile causa di vibrazioni.
A parte l'aspetto piuttosto ovvio, per cui conta la robustezza e il carico massimo in peso gestibile dal treppiede che viene utilizzato, è indispensabile avere una serie di accortezze che possano darci la garanzia di ottenere la massima stabilità possibile:
  • utilizzare un dispositivo di scatto remoto (a cavo, a infrarossi o wireless), dato che anche la semplice pressione sul pulsante di scatto può indurre delle vibrazioni che permangono anche durante l'apertura dell'otturatore (in mancanza si può utilizzare l'autoscatto).
  • selezionare l'apposita funzione che consente di bloccare in alto lo specchio della reflex prima dello scatto, visto che il movimento del gruppo di sollevamento dello specchio provoca consistenti vibrazioni:
  • disabilitare lo stabilizzatore dell'obiettivo, che tratto in inganno dall'uso di un supporto stabile come il treppiede, reagisce con dei leggeri aggiustamenti del gruppo ottico che paradossalmente possono finire per generare delle immagini affette da micro-mosso.
Per quanto riguarda invece l'esposizione, dobbiamo considerare che quando scende la notte le condizioni di luce si invertono: di giorno sono le ombre a dare tridimensionalità, di notte sono le parti illuminate a emergere dalle aree più scure o buie. A questo si aggiunge il fatto che spesso sono presenti delle fonti di luce intensa all'interno dell'inquadratura.


Gli esposimetri delle nostre fotocamere, per quanto siano sofisticati, si trovano quindi a operare in condizioni di luce tali per cui vanno frequentemente in difficoltà e se si vuole ottenere un'esposizione ben bilanciata tra luci e ombre, è spesso indispensabile effettuare delle correzioni manuali.


Il mio consiglio è quello di scattare inizialmente una foto in automatico e dopo aver valutato il risultato sul display e dato un'occhiata all'istogramma risultante, spostarsi sulla regolazione manuale apportando le correzioni necessarie.
Può essere comunque utile scattare più foto della stessa scena con esposizioni diverse, dato che la fotografia notturna è uno dei casi in cui anche l'esame dell'istogramma può trarre in inganno, sopratutto se entrano nell'inquadratura luci particolarmente intense.


In una foto notturna, il divario tra le parti in luce e quelle in ombra è tale per cui le luci dei lampioni o dei faretti accesi, andranno quasi sempre a collocarsi al di fuori dalla gamma registrabile risultando bruciate, mentre la gran parte dei dei toni della foto sarà spostata verso le ombre, come possiamo vedere nell'istogramma relativo a quest'ultima immagine.
Diversamente da quanto si verifica per una foto scattata con luce calante ma con un cielo ancora abbastanza luminoso, nella quale i valori si distribuiscono in maniera più equilibrata, come ci aspettiamo di vedere per una foto esposta correttamente.


Le Interviste: Rory Piu - Rory's Bijoux


Oggi sono a Settimo San Pietro, un piccolo paesino (circa 6700 anime) a soli 12 Km. da Cagliari, e mi trovo nel laboratorio di una giovane che ama l’handmade e si dedica alla creazione di bijoux utilizzando il fimo. 


Alcuni di voi penseranno subito che sono tanti gli hobbisti che adoperano le paste polimeriche per le loro creazioni, e che in gran parte realizzano oggetti molto semplici, ma le interviste pubblicate sulla pagina di "The Creative Art" puntano sempre a farvi scoprire delle persone che, pur operando in campi molto diversi, sono comunque dotate di un particolare talento artistico, e Rory è certamente una di queste. 


D: La prima domanda è una semplice curiosità che molti avranno leggendo il nome del tuo account facebook e la denominazione della tua linea di prodotti: il tuo nome è Roberta ma preferisci farti chiamare Rory, come mai? 

R: Nasce tutto dalla serie TV “Una mamma per amica”, una delle protagoniste si chiama Rory, un nome che mi è piaciuto subito tantissimo, e quando si è trattato di aprire il blog ho sentito che quello era il nome più adatto da abbinare alla linea di bijoux che stavo realizzando. Non so spiegare esattamente il perché, ho provato diverse possibili varianti basate sul mio nome, ma alla fine Rory’s Bijoux mi è sembrato perfetto. Nelle lettere iniziali richiama il mio nome, ma è più breve, immediato e semplice, come in fondo mi sento io: una persona semplice con le sue passioni. Ho sentito questo nome talmente mio, che mi è venuto spontaneo adottarlo anche per la pagina personale.



D: Hai completato il tuo corso di studi al’IPSS Sandro Pertini prendendo il diploma di tecnico della moda e del costume, un'area in qualche modo contigua a quella che si occupa della creazione di gioielli e bijoux , quindi la tua passione risale a diversi anni fa?

R: In realtà la mia passione nasce già da piccola, come tante bambine amavo giocare con le classiche perline, e anche quando stavo da mia nonna mi bastava avere un poco di pasta bucata per ricavarne bracciali e collane.  Anche più grandicella, stavo sempre a “pasticciare” con la plastilina, il didò, e poi il das, che mia madre era solita comprarmi, e passavo delle ore a creare le mie collezioni di “gioielli”.
Un’altra passione che avevo da ragazzina era quella di disegnare vestiti e questo mi ha portato, più avanti negli anni, a seguire un corso di studi dell’IPSS espressamente orientato alla moda. Ma dopo aver preso il diploma ho realizzato che dovevo dare spazio a quella che era la mia vocazione più forte: la moda mi piaceva tantissimo, ma mai quanto la creazione di bijoux.  



D: Cosa ti ha portato a scegliere di utilizzare le paste polimeriche per realizzare le tue creazioni?

R: Come dicevo prima, mi è sempre piaciuto lavorare con le paste modellabili, materiali che grazie alla loro duttilità possono essere plasmati sino a prendere la forma di ciò che si ha in mente di realizzare. Inoltre, mi piaceva cercare di fare le cose in miniatura, più erano piccole più era grande la mia soddisfazione; da questo punto di vista , la pasta polimerica è il materiale ideale. 
Sono arrivata al Fimo per caso: mentre effettuavo una ricerca per la tesi del diploma su internet mi sono imbattuta in un lavoro che ha colpito la mia attenzione, ho subito cercato altre informazioni e i possibili punti vendita nei quali trovare il materiale, che in quel momento non era ancora così diffuso come oggi.  
Quando ho iniziato a lavorarlo è stato come tornare bambina, ma questa volta avendo la possibilità di lavorare in maniera matura e di poter crescere; il fimo offre tante possibilità, si possono realizzare lavori molto semplici così come si possono ottenere delle creazioni estremamente elaborate. La lavorabilità è eccezionale, così come la possibilità di ottenere tutta la gamma di colori e sfumature, inoltre se ben condizionato (lavorato bene con le mani sino a scaldarsi uniformemente e amalgamarsi) e cotto correttamente (temperatura corretta e costante, raffreddamento graduale) è un materiale che può durare una vita.

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