Avvicinarsi alla Macrofotografia - Le lenti addizionali

Il termine macrofotografia è spesso utilizzato in maniera impropria, dato che si può parlare di macro solo se il rapporto di ingrandimento è di almeno 1:1, cioè quando l'immagine riprodotta sulla pellicola o sul sensore è delle stesse dimensioni del soggetto ripreso. Se il rapporto di ingrandimento è inferiore a 1, è più corretto parlare di fotografia a distanza ravvicinata, altrimenti definita come "Close-Up".
Un primo passo di avvicinamento a quest'ultima disciplina è quello di utilizzare le lenti addizionali: si tratta di lenti positive da 1 o più diottrie, che possono essere montate facilmente davanti all'obiettivo attraverso la filettatura disponibile per l'impiego dei filtri. I vantaggi delle lenti addizionali non si limitano alla praticità di utilizzo, infatti sono  anche più economiche rispetto ad altre soluzioni e non comportano la necessità di variare l'esposizione.
Gli svantaggi derivano dal fatto che non potendo essere ottimizzate rispetto all'obiettivo sul quale sono montate, comportano un calo qualitativo (soprattutto ai bordi), che ovviamente  dipende dalla qualità della lente, e normalmente cresce al crescere del numero di diottrie o se utilizziamo più lenti montate insieme.
Per limitare il calo qualitativo dovuto alle aberrazioni, alcune case costruttrici adottano uno schema a due elementi (doppietti acromatici), o a tre elementi in due gruppi;  su internet ho potuto leggere pareri molto positivi per alcune di queste

Il Flash - 2° parte

Proseguiamo nella carrellata delle caratteristiche dei flash:

Controllo dell'esposizione:

- Esposizione automatica: 
1) se siete ancora in possesso di un flash degli anni 70/80, probabilmente sarà dotato di una cellula capace di leggere la luce riflessa dal soggetto e di interrompere  l'emissione del lampo in base a questa misurazione (vedi foto al lato); tale forma di regolazione risente:
- del fatto che l'angolo di lettura della cellula è fisso, e quindi quasi sempre diverso da quello della focale utilizzata 
- della differente capacità di riflettere la luce che i diversi soggetti possono avere.

2) sistema TTL: successivamente si è introdotto un sistema più affidabile, dotando le Reflex di un sensore interno alla fotocamere, capace di leggere la luce riflessa dalla pellicola al momento dello scatto. Basandosi su quanto effetivamente recepito attraverso l'obiettivo, tale sistema ha dettato un miglioramento sostanziale sui risultati ottenibili, pur avendo un punto debole sulla taratura dell'esposizione che dipendeva dal tipo di pellicola utilizzata .

3) sistemi avanzati E-TTL, I-TTL e P-TTL  (Canon, Nikon e Pentax): a partire dal 1995, la necessità di migliorare ulteriormente il sistema di esposizione e la diffusione delle fotocamere digitali, ha costretto i costruttori a modificare il sistema TTL, dato che diversamente dalla pellicola, la capacità di riflettere la luce da parte dei sensori era molto bassa e non dava garanzie di ottenere risultati ottimali in tutte le condizioni di luce. La variante introdotta si basa su un prelampo a potenza ridotta emesso dal flash un istante prima del lampo principale, che consente di effettuare una misurazione estremamente precisa di quella che sarà l'illuminazione della scena ripresa.
L'evoluzione del TTL, anche grazie al miglioramento dell'integrazione con l'elettronica della fotocamera, ha portato tutta una serie di vantaggi sul controllo del flash, rendendo molto più semplice ed efficiente il suo utilizzo, e in particolare quando no ci si limita a usarlo in condizioni di scarsa luminosità, ma viene impiegato  nelle riprese con luce naturale come ulteriore fonte di illuminazione, o quando vengono utilizzati più flash contemporaneamente per migliorare  l'illuminazione del soggetto. 

- Manuale: per quanto possa sembrare strano dover rinunciare a quanto ci viene messo a disposizione dall'evoluzione tecnica, il controllo più accurato e i risultati più vicini a quanto sperato, si ottengono con il controllo manuale. Sarà più facile optare per questa scelta se dobbiamo operare su soggetti statici o in studio (o più semplicemente all'interno di una stanza della nostra casa), potendo collocare anticipatamente uno o più flash alla distanza e angolazione voluta, e fare tutte le prove che vogliamo modificando

Il Flash - 1° parte

Gran parte delle fotocamere digitali odierne, che si tratti di  reflex (escluse quelle professionali), bridge o compatte, sono dotate di un piccolo flash incorporato che può essere utile per le fot a breve distanza.
Ma quando si rende necessario poter usufruire di una fonte di luce più potente è indispensabile prendere in considerazione la possibilità di dotarsi un flash esterno, che insieme a tante altre caratteristiche utili, ha il grande vantaggio di poter essere posizionato distante dalla fotocamera mantenendo il collegamento grazie all'utilizzo di semplici cavi o connessioni all'infrarosso e wireless.
Un flash indipendente dalla fotocamera è certamente di grande aiuto in fase di ripresa: può essere collocato in una qualsiasi posizione rispetto al soggetto e consente di indirizzare la luce in funzione dell'effetto che si vuole ottenere, inoltre si presta all'utilizzo di modificatori che possono ammorbidire o concentrare il fascio di luce emessa.

Purtroppo la maggior parte delle compatte, anche di buona marca e prezzo non indifferente, difficilmente dispongono di una presa esterna per collegare un flash tramite cavo o di un collegamento wireless attraverso il quale poterlo comandare.

Ma prima di tutto vediamo quali sono le caratteristiche essenziali dei flash che dobbiamo conoscere:

- Il Numero Guida (NG):
rappresenta il valore che indica la "potenza" del flash e perché possa essere utilizzato come parametro di confronto, dovrebbe essere sempre riferita a una sensibilità di 100ISO (se raddoppiamo la sensibilità, raddoppia il NG, e viceversa), e a una specifica focale, dato che spostandosi dal  teleobiettivo al grandangolare, sarà necessario illuminare uniformemente superfici sempre più ampie. 
Per non disperdere inutilmente la potenza del flash quando si usano obiettivi con focali crescenti, si adotta una parabola zoom che consente di concentrare il fascio di luce.
Il NG consente di ricavare il diaframma da utilizzare per esporre correttamente un soggetto che si trova a una certa distanza dal flash, attraverso la semplice formula:
Diaframma: NG / distanza (metri)

Niente di complesso o difficile da ricordare, anche perché i flash che oggi troviamo sul mercato lavorano in automatico scambiando con la fotocamera le informazioni utili per ottenere una corretta esposizione delle foto.
Conoscere la formula è utile principalmente per comprendere quale sia il funzionamento del flash, ma anche per poterlo eventualmente utilizzare in manuale, e in fine per valutare se le caratteristiche del prodotto che vorremmo acquistare sono conformi all'utilizzo che intendiamo farne.
Per esempio: supponiamo di dover fotografare delle modelle durante una sfilata, in molti casi potrebbero essere abbastanza lontane, poniamo si trovino a 6mt. di distanza, si potrà utilizzare un flash con NG 28  alla focale di 105mm.?
Dipende: la formula  NG/distanza (mt.) ci dice che per ottenere una esposizione corretta dovremmo usare un diaframma pari a f/4, se lo zoom che viene utilizzato, alla focale di 105mm. ha un'apertura massima di f/5,6 il flash è troppo poco potente; certo potremmo aumentare la sensibilità, ma anche così si dovrà utilizzare il flash sempre a piena potenza, le batterie si consumeranno velocemente e il tempo di ricarica tra uno scatto e l'altro sarà piuttosto lungo.
Se ci serve potenza e non vogliamo rischiare di trovarci in difficoltà dopo i primi scatti sarà meglio pensare a un flash con NG vicino a 60.


- Il tempo di emissione della luce da parte del flash:
è brevissimo e va normalmente da un minimo di circa 1/800sec. a 1/30000sec.; la scelta viene fatta dal sistema automatico in funzione della distanza del soggetto: se si trova al limite della portata del flash, il lampo sarà di 1/800, e man mano che il soggetto è più vicino il lampo diventerà sempre più breve.
L'utilizzo del flash quindi permette di non avere particolari problemi con i soggetti in movimento, e se saremo molto vicini, consentirà di congelare qualsiasi azione, anche estremamente veloce.
(vedi foto in alto intitolata "water drop motion" , resa disponibile con licenza free su:   http://www.photoxpress.com)

- Il sincro-flash (tempo di sincronizzazione con la fotocamera):
l'otturatore delle fotocamere è costituito essenzialmente da due tendine che possono scorrere in senso orizzontale o verticale, quando premiamo il pulsante di scatto si apre la prima tendina e la luce colpisce il sensore che si trova posteriormente, quindi parte la seconda tendina che provvede a interrompere l'esposizione;


il tempo intercorso tra apertura e chiusura è quello che chiamiamo: "tempo di scatto"; per ottenere i tempi di scatto più veloci, la seconda tendina non può attendere che la prima abbia terminato il suo percorso, ma si muove in anticipo formando un'apertura (tanto più stretta quanto più è breve il tempo selezionato) che scorre  lungo tutto il sensore; in questi casi l'emissione del lampo da parte del flash troverebbe sempre interposte le tendine in movimento, e il sensore verrebbe esposto solo parzialmente.


Il tempo più breve selezionabile sulla fotocamera, che consente comunque di lasciare esposto per una  brevissima frazione di tempo l'intero sensore, rappresenta il tempo massimo di sincronizzazione, o più brevemente il "sincro-flash".
Nelle reflex analogiche degli anni 80 era normalmente 1/60 e solo qualcuna delle migliori garantiva 1/125; nelle digitali di oggi si parte da un minimo di 1/180 per arrivare sino a 1/500sec.; naturalmente questo non impedisce di utilizzare con il flash tempi più bassi, dato che a maggior ragione verrà garantita un'esposizione che copre l'intero sensore.

Fate una copia di sicurezza delle vostre foto.

Presi dall'entusiasmo di avere una fotocamera digitale nuova, scattiamo tante foto, le correggiamo per ottenere il massimo, le elaboriamo per creare qualcosa di diverso, le condividiamo con gli amici e anche in rete, perchè in fondo siamo orgogliosi delle nostre foto; poi un giorno, senza nessun preavviso, accendiamo il PC e...qualcosa non va, non si avvia il sistema operativo e compare un messaggio in inglese:   
Disk boot Failure;  Error reading Os;  Disk no System,  
che ci fa sorgere l'atroce dubbio che possa essere successo qualcosa di irrimediabile; proviamo a resettare più volte, apriamo il computer sperando che il problema sia in un cavo che si è allentato;  non c'è niente da fare...dobbiamo prendere atto che il nostro hard-disk è "morto". Cerchiamo aiuto dagli amici, seguiamo i loro consigli e proviamo con i dischi di recupero che ci prestano, ma l'hard-disk non da alcun segno di vita. Forse rivolgendosi alle ditte che si occupano del recupero dati? Neanche a pensarci, si parla di cifre che sono fuori dalla portata del nostro portafoglio: le foto e i ricordi di uno o più anni sono svanite nel giro di un solo istante perchè non abbiamo fatto una copia di sicurezza.

Quando c'è poca luce.

Una volta presa la passione, è naturale provare a fotografare con qualsiasi condizione di luce, e diventa difficile non sentirsi attratti dalle atmosfere suggestive  che si presentano ai nostri occhi  al calare del sole, e ancora quando scende il buio e le luci artificiali prendono il sopravvento. Consapevoli che in quelle circostanze la luce sarà decisamente bassa, il primo accorgimento al quale pensiamo è quello di selezionare sulla fotocamera digitale una sensibilità più alta,  anche perché le macchine moderne consentono di aumentarla sino a valori di almeno 3200 ISO, e nelle ultime versioni di spingersi sino a 6400 ISO e oltre; con questi livelli di sensibilità si può tranquillamente fotografare di notte a mano libera, ma si devono fare i conti con alti livelli di rumore e una resa sui colori decisamente bassa.

Il rumore digitale viene influenzato da diversi fattori, ed è tanto più alto quanto:

- più piccolo è il sensore;
- più alta è la sensibilità impostata;
- più lungo è il tempo di posa;
- più alta è la temperatura alla quale lavora il processore.



Al lato un esempio di fotografia fatta utilizzando la sensibilità di 3200ISO, diaframma f8 e un tempo di 1/25 sec., che ha permesso di scattare a mano libera.

 




Di seguito l'ingrandimento di un particolare della foto precedente, nel quale si nota  un livello  di rumore già molto marcato, al quale si abbina  una resa discutibile sul colore e un basso contrasto.

10 cose che ogni fotografo dovrebbe evitare di fare!

Ogni tanto faccio un giro su siti e blog che si occupano di fotografia: tra i tanti che scrivono solo dieci righe per argomento (forse troppo brevi anche per un Bignami della fotografia), e quelli che non inseriscono niente di nuovo da mesi, sono approdato su fotografiaprofessionale.it , un sito con tendenza  commerciale, ma nel quale vengono inseriti con continuità argomenti che spaziano in tutti i campi della fotografia. Tra i post pubblicati di recente ne ho trovato alcuni che penso possa essere interessante leggere. Vi segnalo in particolare:
- 10 Cose che ogni fotografo dovrebbe evitare di fare! 
Si tratta di 10 post inseriti da Simone Conti, nel periodo che va dal 23 settembre al 16 ottobre, e dei quali vi riporto di seguito i titoli:

L'Esposizione - Il bilanciamento del bianco

Ogni fonte di luce esistente ha una sua colorazione che dipende dalla lunghezza d'onda delle radiazioni che emette, nell'illuminotecnica e in analogia anche nel campo fotografico, la tonalità della luce emessa: "Temperatura di colore", viene misurata in gradi kelvin.
Pur senza entrare troppo nell'aspetto tecnico, la scelta del termine deriva dal confronto con lo spettro di luce emesso da un corpo nero per una determinata temperatura. Come potete vedere nell'immagine al lato, tanto più basso è il valore in kelvin, tanto più calda è la tonalità che lo contraddistingue (giallo, arancio, rosso), tanto più alto è il valore in kelvin, tanto più fredda è la tonalità di luce emessa  (verde, celeste, azzurro, blu, viola).
Se illuminiamo con una luce calda un foglio di carta bianco, questo assumerà una colorazione rossastra, se lo illuminiamo con una luce fredda vedremo invece che assumerà una tonalità tendente al blu; ma per notare queste dominanti di colore dovremo fare lo sforzo di analizzare il foglio con una particolare attenzione, perché il nostro cervello cercherà di introdurre una sorta di

L'Esposizione - Gli istogrammi.


 L'istogramma è uno nuovo strumento che è stato introdotto con la fotografia digitale. Non sono certo che venga utilizzato da tutti i fotografi, nonostante buona parte delle fotocamere consenta di visualizzarlo sia in fase di ripresa che di riproduzione delle immagini, ma rappresenta certamente un validissimo aiuto per comprendere come sia composta l'immagine e se rientra all'interno della gamma dinamica che il sensore è in grado di catturare senza perdita di informazioni. 
Viene rappresentato attraverso un diagramma che sull'asse orizzontale riporta i valori di luminosità compresi tra lo zero (nero assoluto) e il 255 (bianco puro), mentre sull'asse verticale viene riportata la quantità di punti con la stessa luminosità, che compongono l'immagine. 
Nell'istogramma riportato in alto si può notare come pur essendoci una prevalenza di dati nella zona intermedia, i valori si distribuiscono su tutta la gamma disponibile e senza tagli verso le luci (a destra) o le ombre (a sinistra);  il diagramma si riferisce quindi a una foto esposta correttamente, con gamma tonale estesa ed equilibrata , e senza perdita di dati (clipping) agli estremi; aspetto riscontrabile anche visivamente se esaminiamo la foto in alto a destra, alla quale appartiene l'istogramma esaminato. 
Come possiamo leggere nella  finestra relativa al "Canale" l'istogramma è del tipo RGB, significa solo che il diagramma è ottenuto sovrapponendo gli istogrammi dei

L'Esposizione - casi particolari : fotografare la Luna

Fotografare la luna è in apparenza semplice, ma non bisogna trascurare alcuni fattori  in grado di  influenzare  la buona riuscita della foto, esaminiamoli uno per uno:
- La luna occupa nel cielo circa mezzo grado, questo significa che per poterla riprodurre a una grandezza sufficiente e poterne apprezzare i dettagli è indispensabile utilizzare dei teleobiettivi lunghi. Con 100mm di focale otterremo nel sensore un'immagine di appena 1mm di diametro, quindi ci serviranno focali  minime da 400- 500mm, che consentiranno di ottenere un'immagine di circa 4-5mm sul sensore.
 Foto che ho ottenuto utilizzando un 500mm - 200ISO, f16 e 1/125s

Questo non significa che non possiamo fotografare la luna con focali inferiori, ma solo che in tal caso sarà necessario ingrandire l'immagine e quindi perdere qualcosa  in temini di qualità; ma l'ideale sarebbe di poter disporre di una focale da 1000-1200mm.,  cosi da poter contare su un'immagine  che riempie adeguatamente il fotogramma. Se poi si vogliono fotografare specifiche zone, o i particolari relativi a crateri e rilievi, si dovrà fare ricorso ai telelscopi, che possono essere collegati con appositi raccordi al corpo macchina delle reflex.
Foto che ho ottenuto utilizzando il 500+duplicatore di focale-200ISO, f16,1/80s

- Utilizzando il sistema esposimetrico della fotocamera si incorrerà sicuramente in una forte sovraesposizione per la grande differenza di luminosità tra la luna e il cielo notturno, che normalmente prevale sull'intera immagine. La luna è così

L'Esposizione - 2°parte

Intorno al 1930 nascono i primi esposimetri elettrici: utilizzano una cellula fotosensibile al selenio capace di produrre un debole segnale elettrico proporzionale all'intensità della luce che la colpisce; la corrente generata viene inviata a un galvanometro il cui ago indica su un'apposita scala, un valore che consente di risalire all'esposizione necessaria per quelle condizioni di luce.
Ma prima del 1930 come si stabiliva l'esposizione necessaria per impressionare le pellicole?
Si utilizzavano prevalentemente delle tabelle che riassumevano le condizioni di luce più comuni, i fotografi professionisti custodivano gelosamente gli appunti sui risultati ottenuti dalle prove sul campo, e i produttori di pellicole inserivano dei fogli esplicativi nelle confezioni. 
Se capitava di non avere le tabelle a disposizione, poteva essere necessario fare ricorso alla propria memoria, e quindi si escogitavano regole che ne facilitassero il compito, ad esempio quella universalmente conosciuta come "regola del 16".
Questa regola stabilisce un punto fermo per una specifica condizione di luce: "Se il soggetto è illuminato frontalmente dalla luce del sole, con cielo sereno e nelle ore centrali della giornata, bisogna impostare il diaframma f/16 e un tempo di scatto uguale al reciproco della sensibilità della pellicola utilizzata" (ad esempio: con una pellicola 100 ISO, si utilizzerà un tempo di 1/100s). Naturalmente l'f/16 serve solo come riferimento mnemonico,

L'Esposizione - 1°parte

Sia il fotografo professionista che quello dilettante certamente concorderanno sul fatto che una buona foto deve essere esposta correttamente, ma è importante rilevare subito che coesistono due aspetti che concorrono nel  determinare quale sia la corretta esposizione per una determinata fotografia:

- Se consideriamo l'aspetto tecnico, l'esposizione corretta si ottiene quando la fotografia riproduce il massimo possibile delle informazioni contenute nella scena ritratta, e per fare questo è necessario curare che sia nelle zone più chiare che in quelle più scure, non vega perso alcun dettaglio o sfumatura di colore rilevante (vedi foto al lato di Ansel Adams).
- Se consideriamo l'aspetto creativo,  dato che la fotografia è anche una forma d'arte e quindi entrano in gioco ulteriori elementi oltre la ricerca del massimo dettaglio, la corretta esposizione è anche quella che corrisponde a quanto il fotografo immaginava  o voleva ottenere quando ha deciso di scattare quella foto,
lasciando spazio al messaggio che trasmette e quindi alle sensazioni che è in grado di comunicare (vedi foto in alto a destra di  Richard Lohmann).

Da questo derivano due considerazioni importanti:

1) non esiste una corretta esposizione in senso assoluto; esistono una serie di possibili esposizioni che metteranno in risalto le diverse peculiarità delle scena che si è deciso di ritrarre, e l'esposizione corretta sarà quella che asseconda i fini espressivi del fotografo.

2) è essenziale conoscere a fondo tutti gli elementi che concorrono a determinare l'esposizione,  a partire dal funzionamento e dalle caratteristiche della propria attrezzatura, così da riuscire ad ottenere il massimo controllo possibile sul risultato che vogliamo ottenere.

Nei commenti inseriti sul blog, mi è arrivato l'invito a non trascurare il fatto che

Un argomento o un tema da trattare insieme

Vorrei avere un vostro suggerimento su qualche argomento da trattare o approfondire, oppure un tema sul quale aprire una discussione; non ponetevi il problema se sia qualcosa di troppo semplice o troppo complicato, l'importante è che sia nell'ambito della fotografia: dallo scatto all'elaborazione delle foto, dalle fotocamere alle attrezzature e il loro utilizzo, dai maestri della fotografia alla fotografia contemporanea, da una foto particolare che avete visto a una vostra foto sulla quale vorreste avere un parere spassionato.   

Basta che inseriate un vostro commento in questo post e io cercherò di sviluppare quanto vorrete propormi; l'obiettivo non è quello di insegnare agli altri o giudicare, ma semplicemente di stimolare la curiosità, la ricerca, l'approfondimento, e possibilmente lo scambio di esperienze tra coloro che si sono appassionati o si stanno appassionando alla fotografia.

Canon amplia la linea R con le nuove mirrorless APS-C R7 e R10

Si sente spesso parlare di un imminente abbandono delle fotocamere con sensori più piccoli del Full-Frame, ma i produttori, complice la cont...

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